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Nazione e sovranità

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San Giovanni Paolo II nel suo discorso sopra citato parlava della necessità di una sovranità per le nazioni. Ma relativamente alla Polonia, per esempio, dice che quella nazione è rimasta sovrana anche quando non esisteva come stato essendo stata divisa tra gli imperi della regione.

Che cosa signifi ca dunque la sovranità? Le radici si trovano nel tardo medioevo, quando i re di paesi indipendenti cominciarono ad applicare alla loro condizione gli elementi fondamentali della posizione giuridica degli imperatori romani29. L’espressione francese ed inglese di sovranità è stata tradotta in latino per la prima volta da Jean Bodin (1530-1596)30. Egli e più tardi anche

iure positivo, sed etiam a iure divino introductum videtur. Ut quid enim Spiritus Sanctus in Apostolos veniens, illis varris linguis loquendi facultatem daret, nisi putaret necessariam fuisse ad offi cium praedicandi et ministerii sacramentorum idiomatis intelligentiam; Quilibet enim eos in lingua sua loquentes intelligebant et mirabantur”), cf. E (2016) op. cit. 36–37.

27 Ibidem.

28 Cf. E (2016) op. cit. 38.

29 H. Q : Souveränität. In: J. R – K. G (Hrsg.): Historisches Wörterbuch der Philosophie. Basel, 1995. IX.1104.; L. F : Sovranità. In: Enciclopedia fi losofi ca.

Milano, 2006. XI. 10901–10902.

30 Cf. P. E , P.: Állam, Egyház, szuverenitás. In: E , P.: Jog az Egyház hagyományában és életében. Budapest, 2016. 49–50.

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altri autori dell’epoca moderna, come Thomas Hobbes cominciano a separare i diritti specifi ci dei principi, dei cosiddetti sovrani, dalle basi religiose e di diritto naturale. Nell’epoca del liberalismo molte costituzioni hanno dichiarato il principio della sovranità popolare, ma l’hanno considerato come una garanzia negativa per indicare che gli organi di potere legislativo, esecutivo e giudiziale non sono pienamente sovrani, ma devono dipendere in qualche modo dalla volontà del popolo. Non sono riusciti tuttavia a defi nire quale comunità umana deve essere considerata come popolo e in quale territorio. I tentativi di defi nizione erano considerati completamente fallimentari se non usavano la nozione di stato. Se invece contenevano lo stato come elemento della defi nizione del popolo, giungevano a un circolo vizioso secondo il quale il depositario del potere supremo sarebbe la popolazione di quel territorio che sta sotto lo stesso potere supremo. Cioè che appartiene allo stesso stato.31

Nella letteratura contemporanea si distingue abitualmente la sovranità esterna da quella interna. La sovranità esterna si riferisce ai rapporti internazionali. La stessa idea é frutto della situazione politica europea nell’epoca moderna, quando esistevano numerosi paesi di forza uguale o quasi uguale sul nostro continente e così la sovranità poteva indicare il loro mutuo rapporto d’indipendenza. Dopo la seconda guerra mondiale si parla di due poli di potere al mondo con gli Stai Uniti e l’Unione Sovietica al centro. Era comunque chiaro che la sovranità di un piccolo paese come l’Ungheria e la sovranità degli Stati Uniti esprimono delle realtà ben diverse.

Un’altra categoria di sovranità ha caratterizzato e caratterizza tuttora la Chiesa. Infatti anch’essa è una nazione santa in rapporto diretto con il Signore della storia e con una vocazione speciale per la salvezza dell’umanità. Anche la Chiesa ha una memoria comune che contiene i fatti storici della divina rivelazione, la vita, l’insegnamento, la morte e la risurrezione di Cristo e l’ultima cena, fonte e culmine di tutta la nostra missione e vita religiosa.

4. Conclusione

In base a quanto è stato detto sorgono due domande: 1) Che tipo di sovranità è necessaria e in quale misura per proteggere e far dovutamente sviluppare quella

31 Cf. E. B : Zur Frage der Volkssouveränität. In: H. K (Hrsg.): Volkssouveränität und Staatssouveränität. [Wege der Forschung 28] Darmstadt, 1970. 49–89.; soprattutto 50–51.

(Prima edizione francese: E. B : A propos de la Souveraineté du peuple. Annales des Sciences Politiques, vol. 19. [1904] 153–284.)

Identità nazionale, identità ecclesiale 23

realtà naturale che viene rappresentata da una nazione intesa come comunità umana? 2) Come si può sostenere in modo armonico le due identità nazionali, ossia l’appartenenza a una nazione culturale e linguistica e l’appartenenza alla nazione santa che è la Chiesa di Cristo?

Quanto alla prima questione, i popoli del cento-est europeo hanno delle esperienze abbastanza negative. Essi infatti hanno avuto grandissime diffi coltà nel conservare la loro lingua e la loro cultura quando si sono trovate in posizione di minoranza all’interno di uno Stato più grande. Questi popoli infatti hanno poca esperienza di correttezza e di rispettosa legalità. Per questo hanno sentito molto spesso il desiderio di riunire tutti coloro che appartenevano a una cultura determinata in uno Stato sovrano. Ma qui emergono delle diffi coltà e questo non soltanto per le discussioni sui confi ni ma anche per il problema dei popoli che vivono insieme o in condizione di diaspora in molti paesi. Così si sono cristallizzate diverse forme di autonomia: autonomia territoriale con un autogoverno parziale, autonomia culturale all’interno di un paese senza autonomia territoriale ma con diritti concreti riguardo l’insegnamento, l’uso pubblico della lingua della minoranza ecc. L’esperienza europea è caratterizzata da una grande diversità. Ci sono casi, dove tali sistemi possono funzionare e risultano soddisfacenti sia per la maggioranza che per la minoranza. In altri casi le forme giuridiche sembrano buone. Esistono anche garanzie teoriche che nella prassi risultano ineffi cienti. E ci sono casi dove le richieste giuste e ben fondate di nazioni minoritarie non sono neanche formalmente rispettate.

Non sembra che si possa dare una sola ricetta, una sola costruzione teorica, ma bisogna prendere atto della complessità del compito che devono aff rontare sia gli stati che le comunità nazionali. Un atteggiamento veramente cristiano può comunque aiutare ad apprezzare il valore delle lingue, delle culture, delle nazioni e anche dei criteri di una sicura e creativa convivenza.

La seconda questione è l’appartenenza della stessa persona alla Chiesa e anche a una nazione culturale. Da una parte la Chiesa riconosce il valore delle culture e delle nazioni, dall’altra parte essa costruisce una base solida per la comprensione e la carità tra persone e comunità. Non sembra necessario elaborare molti principi teorici su questa doppia appartenenza dei fedeli cattolici, perché abbiamo un esempio storico ammirevole e questo è proprio l’Europa. È qui e soltanto qui che le nazioni si sono sviluppate nell’ultimo millennio alla luce e sotto l’infl usso della comune fede cristiana. Nella diversità delle lingue, delle tradizioni, dei modi di vivere di questi popoli, il cristianesimo è stato quasi l’unico elemento comune. Quindi la fede non ha soppresso i valori e le caratteristiche dei popoli, ma ha aiutato lo sviluppo delle nazioni che oggi vivono

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nel nostro continente. Bisogna prendere coscienza di questo fatto. Bisogna vedere che senza questa eredità i popoli europei lontani geografi camente gli uni dagli altri ed aventi delle esperienze storiche radicalmente diverse non avrebbero suffi cienti elementi di solidarietà e di comprensione reciproca. L’Europa per essere se stessa, ha bisogno di questa doppia identità: identità nazionale dei popoli e identità cristiana che era ed è sempre aperta anche a tutti i popoli della terra e a tutte le generazioni della storia umana.

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