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A két olasz fordítás előszavai

In document EGY KORA ÚJKORI SIKERKÖNYV TÖRTÉNETE (Pldal 133-137)

Prohemio de Ser Alexandro Braccio al prestantissimo et excellentissimo giova-ne Lorenzo di Pierfranceso de Medici sopra la traductiogiova-ne duna historia di due amanti composta dalla felice memoria di papa Pio secondo.154

Benché molti sieno gli exempli Lorenzo mio excellentissimo per quali fa-cilmente in altri ho potuto comprehendere quanto sieno valide et grandi le forze d’amore: et molte carte habbi rivolte: dove gl[i] incendii suoi si tractono et fannosi manifesti: nienetedimanco alcuna cosa non ha potuto più veramente mostrarmi la sua potentia: che lo experimento che ho facto in me stesso: conci-sia cosa che nella mia florida età in modo fui da lacci suoi legato: che anchora non se sciolto il nodo: et in forma tale l’ardente sua fiamma m[i] incese: che totalmente anchora non se spento il fuoco. et spesse volte tra la calda cenere del mio già inceso pecto si scuoprono alcune scintille, che dal passato ardore ripresentono la memoria. et fannomi non poco temere che la intepidita fiam-ma di nuovo non si riscaldi. Se non che alfine pure mi rassicuro [es]sendo già coltempo presso a mezo giorno et da più gravi cure oppresso. et quasi di cia-scuno otio o privato cagione di rivoltare gli amorosi pensieri in altra parte. No essendo in me adunque al tucto ancora la cicatrice della ricevuta ferita risalda nessuna cosa legho più volentieri ne con atention magiore ascolto, che quella dove si tracta damore. Per la qual cosa capitandomi nelle mani a giorni passati una operecta di messer enea de picolhuomini, elquale fu poi assumpto al fa-stigio del sommo pontificato et nominato Pio secondo ove recita una historia di due amanti laqual parendomi ripiena di molti buoni luoghi et degna della doctrina dello scriptore diliberai tradurre in nostra lingua non dubitando fare alli amanti cosa utile et grata. Utile perché leggendo tal materia troverranno assai documenti accomodati a propositi loro per li saranno amaestrati come ne loro ardori si habbino a governare. Grata perché la historia e di qualità che a lectori secondo il mio iudicio recherà molto dilecto abundando di cose pur piacevoli assai.

Bene è vero che io non observato l’offitio difedele traductore. Ma per in-dustria ho lassate molte parti indietro le quali mi son parse poco accomodate al dilectare et il luogo di quelle ho inserto contraria materia per continuare tucto il processo della historia con cose piacevoli et iocunde. et nel fine dove

154 firenze BNCf P.6.5 = IGI 7815 firenze, francesco di Dino di Iacopo, XX. Settembre MCCCCLXXXVIIII.

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l’autore pone l’amorte d’uno degli amanti con amarissimi pianti io mutando la ‹tristitia in gaudio lasso l’uno et l’altro coniunto per matrimonio et pieni di somma letitia. Credo che non riprenderai questo mio consilio quando leggerai la latina originale scriptura perché troverrai in molti luoghi cose tanto meste et piene di lamenti che non che possino dilectare ma nessuno è di core si lieto che ratristare non facessino. Il perché risecando io questi cosi facti luoghi ho continuata la historia et concordantola in modo che nessuna parte vi troverrai che non dilecti. Né pero negherei che l’autore non habbi scripto ogni cosa con singulare prudentia et doctrina. Né mi è nascoco il fine che a simile inventione il mosse perché chiaro si vede haver voluto mostrare quali sieno e pericoli gl[i]

affanni et effeti amatorii. Ma considernado io benché molte et varie sieno le historie et infiniti gli exempli che insegnono questo medesimo nientedimeno tanta esser la forza di questa perturbatione et tanto vincere in noi ogni ragione che nessuno esuto sì cauto o saggio il qual senesia potuto d’atione o scriptione giova. Però mi son partito in molti luoghi dalla fantasia dello scriptore da poi che niente giova apungenti strali damore come chi ha facto la pruova ne puo esser verissimo testimone. essendomi adunque exercitato in questa traductio-ne et compositiotraductio-ne amatoria per mio sollazo et pensando alla conditiotraductio-ne de presenti tempi noiosi et gravi per diverse cagioni. Però ho giudicato fari cosa grata in qualche parte adirizando a te prestantissimo et spectatissimo giovane questa mia exercitatione. La quale se non ti dispiacerà mi parra a ciascuno altro havere satisffacto. Perché tali sono e meriti tuoi verso di me che alcuna cosa più non desidero che satiffare al tuo exquisissimo ingeno. Leggerai adunque la presente historia non per farti experto a dare opera all’amore. Ma per diventare cauto et sapere schifare e suoi lacci et inganni amaestrato dallo exemplo d’altri.

et imitando la natura delle pecchie le quali benché si posino in su molti fiori non pero tucti ma solo quelli gustono che sieno acti a produrre el melle: et come nel coglere delle rose evitaerai le spine pigliando quello che utilmente e scripto et quello che nuocer potessi lasserai come prudente.

Proemio d’Alamano Donati al magnifico Lorenzo de Medici.155

Nessuna cosa certamente preclarissimo Lorenzo è più alla generazione huma-na huma-naturale et conveniente che lo apetire et disiderare la gloria: Il che esser verissimo con innumeri et validissimi argumenti provare il potremo, se non stimassimo esser vano et superfluo volere prolixamente dichiarare quello che a sensi di tuti e manifesto, essendo per se la verità più chiara che la luce meridiana.

et per tanto giudichiamo dovere satisfare se con solo exemplo di Cicerone del-la del-latina eloquentia padre del-la propositione nostra confermeremo. Imperoché

155 Biblioteca Corsiniana Accademia dei Lincei, 51 A 46. 1r-3v.

A mediterrán szövegváltozatok

lui nelle questioni tusculane narra come quelli severissimi philosophi che molti libri in commune utilità del di sprezare la gloria doctissimamente composono. Nondimanco in quelli il nome loro inscrivere vollono potendo più comodamente pretermetterlo, non solo per la propria professione, ma molto anchora per non repugnarsi, et dire cose contro a se stesse contrarie: Nel che pare si dimostri grande levità: la quale sommamente a philosophi e vituperosa.

Ma invero chi è quello che la natura interamente expugnare possa? Niente altro sorto maraviglioso et artificioso velame e prudentissimi poeti figurano quando inducono e giganti con Giove combattere se non ne l’arrogantia et insania di coloro equali si danno ad intendere potere a lei opporsi et resisterli.

Onde da quello che e a tutti commune li sapientissimi philosophi difender non potendosi si arrenderono: cercando la gloria naturalmente benché grandemente vituperassino chi a quella servissi. Ne certo tale desiderio sanza ragione della natura ci è insito spetialmente: non operando ella come scrive il philosopho alcuna cosa indarno: Ma ecci data per uno stimolo, sprone et incitamento alle cose alte et grande, infiammandoci tutti per suo amore alla virtù. Né in verita sarieno stati tanti gloriosi et egregii huomini, o in Roma, o in Grecia, o in qualunque climate et regione, se stati non fussino infiammati et pervocati daquesta. Imperoché Demostene sanza dubio et sustentaculo delpopolo come il nome suo in greco suona, mai a tanta fama et auctorita dalla paterna fabrica sarebbe pervenuto se dalla gloria non vi fussi stato tirato et che altro fu quello che anchora in re militare indusse Alexandro cognominato per la virtù sua Magnó, al quale come dice Giovinale uno mondo non bastava soportare tan-ti affanni nel sottomettere tanto populi et soggiocare tante natan-tioni tentando anchora l’occeano et potendo apresso il nostro leggiadro poeta riuscirgli se l’invida morte non visi fussi interposta. Ma anche referiano noi gli exempli externi abondando ne domestici? et questo e lo arpinate tullio quanto altro huomo da quella commosso che fu cagione che lui padre della patria essendo ella anchor libera si chiamassi oltra gli altri sua titoli et degnità? Che altra cosa Iulio cesare huomo et in guerra et in pace excellentissimo commosse adoperare si stupendi et generosi facti riportando tante victorie di sì mirabile et pericolose battaglie? Passo con silentio quel primo Re di Roma fondatore:

el victorioso Camillo: Cornelio: Cosso: et il buon Marco Marcello con le loro optime spoglie. Pretermetto anchora e fabii: e Pauli: e i Decii sì larghi di loro sangue. et il maggiore el minore Scipio africano duo fulguri in arme: et in numerabili altri domestici et externi nelle antique storie celebrati. et però noi Magnanimo Lorenzo come da lei impulsu pervenendoci nelle mani una operetta dignissima intitolata historia de dua amanti: da Pio secondo Pontefice sommo a mariano suo compatriota. La quale si per la sottile inventione: si per la elegantia et copia del dire: si per le varie et acommodate sententie merita da ogni docto esser lecta, guidicamo non essere alla età nostra alieno et forse a

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qualcuno non inutile, per nostra exercitatione di lingua latina in la fiorentina tardurla. Nella quale al parere nostro habbiamo usato rectamente l’ofitio del fedelissimo interprete: nondimeno in alcuno luogo secondo la faculta del nostro debile ingegnio ampliando la: non però mai pervertendo, ma sempre conservando integro el senso dello auctore: perché sarebbe sacrilegio fare il contrario. Preterea l’habbiamo in molti luoghi emendata: dove per negligentia delli impressori era scorretta: la quale come primitie et saggio de nostri studii a te refugio et porto di tucti e licterati diriziamo. Non giudicando per questa traductione volgare essendo tu doctissimo essere della tua doctrina et excelentia degna. Ma affare tal cosa due ragione potissime ci indussono. La prima perché sappiendo noi come dallo eruditissimo praeceptore nostro Georgioantonio Vespuccio più volte habbiano udito il parlare latino in toscano tradocto perdere assai di degnità, temavamo non advenissei a noi quello che lo amico del satyro Persio gli predice dovergli incontrare: et questo e che uno o al piu dua questa nostra opera leggessi: Deliberamo per fuggire tale miseria a te destinarla: dal quale tanto splendore debbe pigliare che siamo certi non restara nelle tenebre.

La seconda ragione è che essendo tu peritissimo in prosa et in versi toscani, nequali tieni facilmente el principato, Onde scema al continuo alla patria nostra el desiderio del suo caro figliuolo Petrarcha: rallegrandosi di vedere uno inanzi agli ochi a lui superiore o almeno pari stimiamo te di questa nostra traductione potere dare recto giudicio. La quale se tu aproverai speriamo come Cicerone al severissimo Bruto della sue opere scrive: da tutti doversi aprovare: facendo noi non minore stima del tuo probatissimo iudicio che e gentili si facessino di quello di apolline, o di Giove Hamone cognominato. e levando lo animo nostro per lo advenire a più degna et laudabile impresa: acciò ti possiamo satisfare con più amplo et egregio dono purche la faculta degli studii, como spesso adviene, da publici pesi et perturbatione non ci sia impedita.

tu adunque leggendo questa nostra operetta ti ridurai la mente e figliuoli delle pia memoria di nostro padre ser Marchionne a te sempre et al tuo stato più fidele che al pio enea Achate fussi. Lege feliciter.

johannes Oporinus vegyes variánsa

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