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IL PROBLEMA ERMENEUTICO DELL'OCCASIO SCRIPT!

In document IN THE SECONl) HALF OFTHE16TH CENTURY (Pldal 105-117)

DELLE SPIEGAZIONI DI GYORGY ENYEDI

1. IL PROBLEMA ERMENEUTICO DELL'OCCASIO SCRIPT!

1.1. USO E ABUSO DELLA SCRI'ITURA

n

primo paragra.fo dello scritto enyedia.no (pp. 132-136)

e

preceduto da.

una manchette strategica ehe vuole da.re pubblica ragione del privilegia-mento unitario del prologo all'interno del discorso generale ded.icato all'ana-lisi dei luoghi giovannici e della sua centralita dentro la parte del libro riser-vata allo studio del « nuovo patto •·

Lelio Sozzini aveva giustifieato la sua produzione (ehe qui vale come distendimento) sul pro logo nei seguenti termini: una gran parte dei teologi delegati al lavoro dell'interpretazione abusa di questo passaggio per rendere stabili i commenti degli uomini intorno alla figura di Gesu Cristo figlio di dio.

n

commentum hominis e - com'e noto - l'immaginazione (figmentum) della sua eternita.

Fausto Sozzini aveva rafforzato la necessita di mettere al vertice della.

critica ereticale all'abuso della scrittura la ricerca sul prologo impostando la questione in modo analogo: la falsa interpretazione delle parole di Giovanni sembra essere la fonte primaria da cui deriva ogni successivo errore intorno alla figura messianica e rappresenta il gesto preliminare dell'involuzione della verita.

Queste sono le due introduzioni:

«Cum plerique abuta.ntur hoc Johan-nis ca.pite a.d hominum commenta.

sta.bilienda de filio dei Christo, quem fingunt a.eternum, bis genitum, dua-rum natura.dua-rum [ ... ].»7

«Cum falsa. eius interpretatio omnis erroris fons fuisse videa.tur, et Achil-les quidam sit eorum qui suis sophis-matis veritatem manifestissimam in-volverunt [ ... ].»B

7 [L. SocINI], Brevis explicatio in primum I oannis caput, in De falsa et vera unius dei patris, filii et spiritus sancti cognitione, libri duo, Albe.e lulia [1668], P.P· ZZr-Ceiiv.

Ma qui seguo l'edizione inclusa nella raceolta Per la storia degli eretici italiani del secolo XVI in Europa, a eura di D. ÜANTIMORI e E. FEIST, Roms 1937, p. 61 (ehe cito eon 1a sigla LSE).

8 [F. SocINI], Explicatio primi capitis Ioannis, [Albe.e Iuliae 1668], p. 2 (edizione ehe preferieeo a quella ehe porta. il titolo Explicatio primae partis primi capitis I ohannis, Raeoviae 1618, perehe presenta aleune minime varia.nti ignote alla lettera.tura unitaria.

del einquecento). Userol Ia seguente sigla: FSE (la numerazione delle pagine

e

mia).

György Enyedi forula la legittimita della sua ripresa dell'investigazione e della diseussione intorno allo stesso testo a partire dalla eom:tatazione ehe, tra tutti gli seritti del nuovo testamento, non c'e nessun altro luogo dal quale si erede di poter provare eon maggior evidenza la divinita e l'esistenza del messia prima della sua naseita sulla terra: «Non est ullus, inter novi testamenti scripta, loeus, unde firmius divinitas et exsistentia Christi ante matrem eomprobari passe credatur ».9

1.2. IL FINE DELLA SCRITTURA

Prima di tutto bisogna trattare della questione ehe va sotto il nome di

• oeeasio scripti », dato ehe proprio eon l'immissione di questo argomento nel corpo della eontroversia viene posta la parte decisiva del diseorso inter-pretativo.10 TI prima appunto enyediano estende infatti, eon un procedi-mento tutto interamente fondato sull'aeeumulazione di reperti areheologiei tratti dalla letteratura patristiea e quindi sottoposti alla eritiea storica, il passaggio dell' Explicatio sul « fine » per il quale Giovanni aveva pubblicato il suo vangelo (un diseorso assente dall'intervento leliano se si eselude la

« traecia » del lavoro per il « pius »).

Fausto Sozzini aveva aggredito, con insolita violenza verbale, il rap-porto tra « sapere storico » e « potere teologico » nella chiesa primitiva.11 Lasciamo qui da parte le due diverse redazioni sulla « radiee » della falsifi-cazione12 e fermiamoei solo sul fatto ehe, allorquando affronta il tema dell'intentio o ratio iseritta nella narrazione giovannica, l'eretico senese raggiunge immediatamente il versetto 20: 31. Fausto diee infatti ehe lo scrittore, una volta arrivato alla eonclusione («in fine suae historiae »), e dovendo quindi dare ragione pubblica dello seopo per il quale aveva prodotto il testo, afferma: « Affinehe noi erediamo ehe Gesu eil Cristo, figlio di dio, e cosi eredendo abbiamo la vita eterna ».13

L'intervento dell'Enyedi, nel riprendere tutta quanta l'argomenta-zione eentrale della prefal'argomenta-zione alla prima redal'argomenta-zione dell' Explicatio, consiste nel confutare ehe l'impulao giovannico « ad eonscribendum » vada rieer-cato - come recita la tradizione interpretativa - in una volonta eontrover-sistica. Gli uomini di sapere della cultura religiosa dominante sostengono infätti, per dare fondamento a quello ehe affermano, ehe il prologo

e

un

testo polemico e ehe il motivo della serittura di Giovanni va rintracciato

D GEE, P· 132.

10 Jvi: «Et primo, quia non ultimum robur, in occasione ecripti collocatur, de ea, ante oIIlllia, agendum est ».

11 FSE, p. 4 e 10.: Cfr. il paragrefo 5.1.

u Si tratta di due importanti ecarti dal corpo della Praefatio e dalla Ezpli,catio del primo eegmento del vereetto iniziale del prologo ehe ho stud.ia.to e.Itrove. Cfr.

V. :MABcHETTI, 1 mmaginazione e potere nelle spiegazioni sociniane, in coreo di etampa.

1•FSE, pp. 5-6: «Verum Ioannem horum [Ebione e Cerinto] in ecribendo nullam habuiBBe re.tionem, vel ex eo evidentiBBime e.pparet, quod ad finem historie.e re.tionem reddene, cur Ieeu eigne., eive (ut e.lii volunt) totam hietoriam ecripeerit, non e.Iie.m fuiBBe e.it, quam ut credamue leeum eBBe Christum dei filium, idque credentee vite.m he.beamue e.eternam ».

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nella neeessita di fare una « eonfutatio » di quelle eresie ehe manifestavano il loro dissenso ideologieo dentro la ehiesa primitiva negando la divinita di Cristo.

Seeondo i teologi le « eose della storia » sarebbero andate eosi: Gio-vanni, avendo eonstatato ehe gli altri evangelisti i quali lo avevano preee-duto nel raeeontare la vita del messia si erano limitati a trattare eselusiva-mente della nativita di Gesu nel tempo ( « nativitas temporanea ») e a parlare dell'uomo e della donna ehe erano stati eomunemente eonsiderati i suoi genitori (« parentes humani »), volle diehiarare d01JU1UJ.ue nella sua serittura e volle affermare proprio all'inizio della vieenda ehe si aeeingeva a reeitare («in limine historiae suae ») la notizia della generazione eterna e dell'eterna divinita dell'unto da tramandare ai eredenti nella parola.

n

suo fine delibe-rato era dunque quello di far apparire, all'uditore e al lettore della sua parola di testimonianza eontro le « deviazioni » eontemporanee, ehe quell'uomo di eui si parlava nel vangelo esisteva eome dio anehe prima della sua

nas-eita.14

Questa tesi deriva - com'e noto - dalla lettura dell'undicesimo capi-tolo del terzo libro dell'opera di Ireneo: l'Adversus haereses.15 TI passo cui fanno riferimento i teologi della chiesa e il seguente: « Hanc fidem annun-cians lohannes, domini discipulus, volens per evangelii annuneiationem auferre eum, qui a Cerintho inseminatus erat hominibus, errorem, et multo prius ab his qui dieuntur nieolaitae ».1e

TI raceonto storieo della tradizione17 recita - di conseguenza - il seguente andamento dei fatti: Giovanni, ad un eerto momento della sua vita, venne pregato da una eongregazione di dirigenti ecclesiastici di scrivere qualeosa eontro Cerinto e contro tutti coloro i quali negavano la « realta » dell'esistenza del messia prima della sua « venuta » sulla terra; l'intervento dei « testimoni » urgeva anehe perehe stava allora venendo fuori la « nuova»

credenza degli ebioniti, « eretici » i quali eercavano di diffondere il loro discorso sull'unto da dio eome « puro uomo » del signore.18

1' GEE, p. 132: « Aiunt igitur Ioannem ad conscribendum evangelium impulsum esse, ut Cerinthi et Ebionis haeresim, qui divinitatem Christi negabant, confutaret.

Cum enim vidisset caeteros evangelistas, de Christi nativitate temporanea et parenti-bus humanis scripsisse, ut appareret Christum etiam ante nativitatem ex matre extitisse, cum alibi tum pra.ecipue in limine historiae suae de aeterna eius generatione et divinitate locutus est ».

I& lvi: « Haec autem opinio fluxisse et hausta esse ex verbis quibusdam Irenaei

videtur».

16 Jvi.

17 Jvi: « Ut autem credam ha.eo Irenaei verba ooOBBionem dedisse illi vulgatae opinioni, eo adducor, quod Irenaeus est omnium latinorum patrum, quorum scripta extant, antiquissimus; dicitur enim vixisse circa Bllllum Christi ducentesimum ».

18 J vi, p. 133: • llia igitur Irenaei verba, non BBtis attente considerantes posteriores, multa illis assuerunt et varie pinxerunt, asserentes Ioannem, cum ex Patmo insula (quo in exilium eiectus erst) revertisset atque Ephesi degeret, ab Asiae episoopis esse rogatum ut ad.versus Cerinthum aliosque haereticos - et maxime tune ebionitarum dogma consurgens, qui asserunt Christum ante matrem non fuisse - scriberet ~.

Seeondo l'Enyedi questo raeeonto storieo uffieiale va riseritto in un altro modo: 1. non avendo un luogo sul quale posarsi, ~- non trovando una certezza sulla quale eostituirsi, 3. non avendo una verita sulla quale fidarsi.

Infatti « haee omnia, aut infirma, aut ineerta, aut aperte falsa sunt ».

1.3. LA QUESTIONE DELLE COSE FERME

Non si puo decentemente argomentare della

«

verita » solo sulla base della sua « antiehita ». Anehe se questa tesi eitata dalla trad.izione eristiana eome vera fosse la vera « sententia » di Ireneo e degli altri padri fondatori della ehiesa intorno all'origine del testo giovannieo, da questo dato non eonse-guirebbe neeessariamente ehe il loro pensiero sia l'interpretazione « auten-tiea e giusta » dei fatti. E' noto infatti ehe negli « seritti storiei » degli antiehi padri della ehiesa ( veterum quos patres vooant) si possono leggere molte « narrationes » di avvenimenti ehe non sono ne

«

vere » ne « vero-simili ».19

1.4. LA QUESTIONE DELLE COSE CERTE

Seeondo l'Enyedi il passaggio obbligato

e

l'investigazione del rapporto tra il testo di Ireneo e quello di Eusebio.20 E' noto ehe eosa signifiea il libro Adversus haereses per l'autore della Historia ecclesiastica: una eitazione assai rieorrente, una buona disposizione a far uso della sua testimonianza, una ripresa perfino letterale delle parole ehe gli erano eonsonanti.21 Ebbene, quando Eusebio affronta il tema della eausa ehe produee lo seritto di Gio-vanni non fa menzione aleuna della narrazione istituita dalla trad.izione.

Anzi, porta avanti un'altra e ben diversa motivazione.22 Stando al parere dell'Enyedi, ehe (eome abbiamo visto) eerea di rieostruire il « modo » di menzionata la « eausa » spiegata da Ireneo eon quelle parole se fosse vero ehe esse hanno il signifieato eomunemente ammesso.23

La questione della lettura del frammento dell' Adversus haereses va impostata allora in una maniera eompletamente differente. Vale a dire eer-eando di disgiungere, nell'analisi del testo, quella ehe

e

la narrazione ogget-tiva degli avvenimenti da. quella ehe

e

un'affermazione ehe eoinvolge solo

19 I vi: « lnfirma ideo, quia etie.msi haec sententia Irenaei et aliorum patrum esset, te.men nemo est qui ignoret multas in veterum (quos patres voce.nt) scriptis legi narre.-tiones nec veras nec verisimiles, adeo ut Papie.m, virum e.postolioum, quem Ioannis disoipulum fuisae dicunt, fe.bulosis narre.tionibus sce.tere, ipsimet pe.tres scribe.nt ».

Le referenze enyediane sono l'Hiatoria ecclll8iaatica di Eusebio di Cese.rea e quella di Niceforo Ce.llisto di Xe.nthopoulos (ehe conosceva nell'edizione le.tine. pubblice.te. a.

Basilea. nel 1555).

zo GEE, p. 133: « Incerte. sunt, quia. Irenaeus occasionem scripti eve.ngelii Ioe.n-nis, in illis verbis, nec significe.vit, nec significare voluit ».

n Jvi: « Atque quod non significe.rit pe.tet in.de, quod Eusebius sa.epe Irenaeum cite.t, libenterque eius testimonio utitur et illius verbe. trascribit ».

11 Jvi: «At quum occa.sionem scripti eve.ngelii Ioannis explice.t [ ... ] nullam huius narra.tionis facit mentionem, sed e.lia.m, longe a.b ha.c diversa.m, scripti eve.ngelii ce.use.m a.dducit •.

18 Jvi: « Fecisset e.utem procul dubio huius quoque mentionem si putasset a.b Irenaeo ille.m hie verbis fuisae explice.te.m ».

103

I'expositor, quando egli aggiunge eose ehe non sono nel doeumento ma pro-manano dalla sua intelligenza (o ineomprensione) della realta: « Noluisse autem quidquam tale lrenaeum innuere in illis verbis, inde liquet, quod si quis attentius verba Irenaei eonsideret, non tarn ibi historiam texi, quam iudieium privatum exponi videbit ».24

Da questa impostazione (ehe vuole evidentemente addestrare all'ap-proeeio eon la letteratura patristiea) si eava dunque fuori ehe, eolui il quale sottoponga a revisione eritiea l'interpretazione dominante eonfrontandola direttamente eon il testo ehe essa eita, sara in grado di vedere ehe nel luogo portato a testimonianza dalla tradizione non si dispongono gli elementi di una narrazione di fatti realmente avvenuti e aeeertati. Non si allestisee eioe la trama di un raeeonto storieo, ma si espone unieamente un giudizio per-sonale sui fatti.

Eeeo lo sehema della « figura retoriea » introdotta dall'Enyedi per eapire il passaggio in questione intorno al giudizio

«

privato » su di un testo: Ireneo eredeva ehe il vangelo giovannieo avesse una grande impor-tanza per la eonfutazione del dogma di Cerinto.25

A questo punto della eostruzione della figura ehe e entrata in seena bisogna introdurre la distinzione tra « volonta della serittura » e « uso della serittura ». La formazione della distinzione attraversa tre artieolazioni ehe hanno la forma e la forza di un sillogismo.

1. Io dieo ora ehe un determinato autore ha prodotto anticamente un dato testo per sradieare delle dottrine ehe intendo eontestare.28

2. Da questa mia attuale eonsiderazione di earattere personale (ehe e sempre legittima) io non devo pero rieavare la eonclusione

«

oggettiva » ehe quel determinato autore ha avuto veramente l'intenzione di serivere quel dato testo per eonfutare quelli ehe sono adesso i miei avversari.27

3. Io posso dunque giungere solo alla seguente affermazione: ritengo di avere nelle mani una serittura ehe

e

di grande importanza (e mi serve o me ne servo) per eonfutare gli errori dei miei eontradditori.28

Sulla base di questa partieolare « considerazione di metodo » di fronte al testo ehe sta· analizzando - eonsiderazione ehe lavora unieamente sulla disgiunzione teoriea e storiea tra la c volonta » di un autore nel produrre una serittura e l' « uso » ehe il lettore puo fare delle argomentazioni ehe gli sono state offerte - l'Enyedi cerea di rieavare un piU eorretto atteggiamento di earattere generale sul rapporto tra

«

serittore » e

«

serittura » senza indebite sovrapposizioni.

Noi sappiamo - diee il teologo transilvano - ehe gli autori i quali prendono in eonsiderazione un testo preeedente, per avvalersene nel proprio

UJTJi.

15 Jvi: « Putavit enim Irene.eus Ioe.nnis eve.ngelium e.d Cerinthi dogme. confu-te.ndum valere plurimum ».

ZB Jvi: « Ut si nunc quispiam diceret Paulum scripsisse epistole.m e.d Timotheum ut gentium et pe.piste.rum impietatem everteret ».

17 I vi : « Ex quo non illud sequeretur Pe.ulum e.d scribendum e.ppulisse animum ut gentes et papiste.s confutaret ».

18 lvi: « Sed hoc saltem, illum qui haec dicit, existima.re, e.d errores pe.pisticos et gentiles confute.ndos, me.xime fe.cere ille.m Pe.uli epistole.m ».

lavoro religioso eontingente e storieamente determinato, si differenziano notevolmente tra di loro intorno alla definizione dello « seopo » della serit-tura presa in esame. Queste diversita interpretative o variazioni esegetiehe

- ehe sono il riflesso di una pluralita di « sentimenti » e di « diseorsi » soggettivi - avvengono sulla base della propria posizione intellettuale (ingenium) e non rappresentano qualeosa di ineontrovertibile: « Quo stante, seimus saepe auetores de seopo alieuius seripti inter se variare, et pro diver-sitate ingeniorum de eo aliter loqui et sentire, nee quendam ad huius vel illius sententiam ampleetendam, ita esse alligatum, ut dissentire, et ab eius plaeito diseedere non possit ».29

Se le eose vengono impostate in questo modo

e

neeessario dire ehe la eonclusione ehe trae la eultura dominante (ehe

e

padrona dei testi perehe proprietaria della loro interpretazione e eanalizzazione) non

e

eorretta.

Applieando la eritiea all'effetto di potere dell' «ergo » (la eui eonsistenza eil eui spessore attendono aneora di essere studiati nel proeesso di destruttura-zione del ragionamento trinitario iniziato nello spazio eretieale) l'Enyedi afferma Ja pre-sunzione e l'in-eonsistenza della seguente proposizione:

Ireneo riteneva ehe Giovanni ha seritto il suo vangelo eontro Cerinto;

dunque Giovanni ha seritto iJ suo vangeJo eontro di lui.30

InoJtre l'analisi della disposizione delle parole dentro il margine della pagina eil disegno dell'arehitettura del senso della serittura del padre della ehiesa ( series et sensus orationis) dimostra ehe Ja « eosa »

e

assai piU eom-plieata di quanto non appaia nella « vuJgata » ehe abbiamo a disposizione.31 Dali' organizzazione del testo di Ireneo si puo arguire (ed eeeo qui venir fuori Ja prima eomplieazione) ehe Giovanni ha seritto cumulativamente sia eontro Cerinto e i suoi seguaei, sia eontro i diseepoli del diaeono NieoJa di Antioehia.32 Mail fatto

e

ehe i nieoJaiti non avevano, intorno al problema della « natura » del rnessia, la stessa identiea « sententia » ehe viene eornunemente attribuita a Cerinto.33 Se a questo risultato minimo eonduee l'inehiesta storiea e filologiea

e

allora indispensabile - almeno per capire cio ehe veramente vuol dire l'autore dell'opera eontro le eresie manifestatesi nella ehiesa primitiva - trovare un « quaJeosa » ehe sia in cornune tra l'uno e gli altri (dato appunto ehe - eome sappiarno - non tutti e due pro-fessavano il rifiuto della divinita di Cristo). E' solo trovando quell'aliquid aliud ehe si trovera anehe iJ perehe della eonfutazione di Giovanni, sempre ehe si vogJia eontinuare ad arnrnettere la sua intenzionalita polemica. 34

zu Ivi, pp. 133-134.

80 lvi, p. 134: «Ergo non eat eolidum sie e.rgumentari: Irenaeus putavit Ioannem contra Cerinthum scripsisse evangelium, ergo contra illum scripsit '"

31 I vi: « Deinde series et sensus orationis Irenaei ostendit nihil tale illum hoc loco, quale isti existimant, suspicatum fuisse ».

az I vi: « N am ex his verbis non minus colligi potest contra nicolaitas quam contre.

Cerinthum scripsisse Iohannem ».

33 I vi: • Atque nicolaitis non attribuitur ea sententia de Iesu Christo que.e Cerintho ». Referenza all H istoria di Ireneo I/27.

a.t GEE p. 134: •Ergo oportet eliquid eliud, quam oppugne.tionem divinite.tis Christi, fuieee, Cerintho cum nicolaitis commune, quod Iohannes in euo evangelio (ex sententie. Irene.ei) confute.rit •·

100

Inoltre bisogna utilizzare anche altri (piu moderni) strumenti della critica testuale se si vuole fondare sul serio la « vulgata opinio ». Ed

e

proprio l'adozione di questi strumenti a sconvolgerla. Nel caso specifico si deve controllare tutta la « pagina » con il metodo dell'analisi degli « ante-cedentia », ovvero le parole ehe stanno prima dell'allegazione (« nam ante illa [ verba ], quae superius retulimus, haec leguntur »), e dei « eonsequentia », ovvero le espressioni ehe vengono dopo la citazione ( « post verba autem supe-rius relata haee immediate sequuntur »).Si trovera allora ehiaramente ehe nel frammento isolato abusivamente dall'interpretazione ehe ha vinto, Ireneo ha sostenuto ehe Giovanni non ha scritto il suo vangelo per asserire la

« deitas » del figlio ma solo per affermare la « maiestas » del padre.35 Le parole dello scrittore tanto esaltato per la sua antichita vanno inea-strate, per poter esibire il loro « vero » significato, nascosto dalla tecnica politica dell'isolamento della frase, tra le seguenti due proposizioni:

a.

«

Sed unus et idem deus pater, a prophetis quidem annunciatus, ab evangelio vero traditus, quem ehristiani colimus et diligimus, et toto corde factorem coeli et terrae credimus, et omnium quae in eis sunt. Hanc fidem annuncians etc. »38

~- « Nicolaitae, qui sunt vulsio eius, quae falso cognominatur seientia, ut confunderet eos et suaderet eos quoniam unus deus, qui omnia fecit per verbum suum, et non quemadmodum illi dicunt, alterum quidem fabricato-rem, alium autem patrem domini etc. »37

Incastrando il frammento tra le espressioni antecedenti (a) e quelle conseguenti (b) appare finalmente la « eosa » ehe - seeondo Ireneo -Giovanni eereava di conf utare nel suo vangelo. Eceola: la differenza tra un dio ereatore del mondo e un dio padre del messia.38 Questo

e

infatti il solo punto, stando alla ricerca condotta dall'Enyedi, in eui effettivamente con-vergono le opinioni di Cerinto e di Nieolao. Ed

e

proprio Ireneo a dire ehe Cerinto professava un « errore » (tra i tanti altri) ehe eonsisteva nel fatto di eredere ehe il mondo non fosse stato ereato dal « primo dio », ma da una (( eerta potenza 1) la quale

e ((

separata 1) e (( distante 1) da quella principa-litas ehe

e

«super universa ».39 Cerinto inoltre affermava ehe la

«

figura della colomba » era discesa in Cristo « ab ea prineipalitate quae est super omnia ».40

35 1 vi: • Praeterea, si antecedentie. et consequentia Irenaei recitatae illi narre.-tioni adiuncta verba considerentur, liquido e.ppe.rebit Irenaeum e.ffirme.re Iohannem non ad deitatem Christi, sed ad veri dei patrie maieete.tem esserendam, scripsisse evangelium ».

38 Jvi.

B"l]vi.

38 Jvi: «Ex quibue appe.ret, quid praecipue eecundum Irenaei sententiam op-pugnarit Iohannes in evangelio. Illud nimirum, esse pluree deoe, et alium mundi cree.-torem, alium vero eeee Christi patrem ».

89 Jvi: « Nam Cerinthi (inter alle.) fuit error, [ ... ] mundum non e. deo primo eeee fe.ctum, sed e. virtute quadam valde eepare.ta et dietante ab ee. principe.litate quae

89 Jvi: « Nam Cerinthi (inter alle.) fuit error, [ ... ] mundum non e. deo primo eeee fe.ctum, sed e. virtute quadam valde eepare.ta et dietante ab ee. principe.litate quae

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