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ELEMENT! DI UNA TOPICA DEL SOCINIANESIMO 1 PER UN MANUALE

In document IN THE SECONl) HALF OFTHE16TH CENTURY (Pldal 142-152)

DELLE SPIEGAZIONI DI GYORGY ENYEDI

6. ELEMENT! DI UNA TOPICA DEL SOCINIANESIMO 1 PER UN MANUALE

Il sesto paragrafo e strutturato in un modo molto interessante al fine della comprensione della dimensione « manualistica » del testo enyediano:

scelta di una forma di comunicazione interna alla chiesa ehe gan1.ntisce la.

piu sicura trasmissione della dottrina.

Esso contiene una particolare « confutatio » delle quattro principali obbiezioni ehe la tradizione interpretativa e solita muovere alla « critica unitaria » fin dal rnomento della sua irruzione sulla scena religiosa cinque-centesca. Quando qui si parla di « tradizione interpretativa »

e

necessario ricordare ehe l'Enyedi ha sempre costanternente presente la produzione letteraria di tipo riformato secondo l'impostazione ehe vi avevano dato Peter Melius e Peter Karolyi alla fine degli anni sessanta, cioe a partire dalla disputa di Alba Iulia.123

L'interesse principale del paragrafo (dal nostro punto di vista, ehe resta qui sempre e solo quello dell'analisi della trasforrnazione ehe subisce una rottura ermeneutica all'interno di una chiesa radicale), consiste nel fatto ehe la « confutatio » enyediana - presa nel suo complesso - non presenta assolutamente nulla di nuovo rispetto a quello ehe era gia stato detto nelle parti immediatarnente precedenti. Non per nulla vi si trova ampiamente disserninato il sistema di rimandi interni consegnati ad una formula del tipo:

« Sed ad hoc supra a nobis est responsum ».™ Questa « confutatio » infatti ripropone lo stesso identico materiale erudito accurnulato per la controversia

121 Jvi: «Si vero lector fuerit corda.tus quispia.m, non despondebit e.nimum eed recorda.bitur sua.m cuique scriptori esse 'Pedaiv, et OBBuescendum esse stilo eius (a.ut eius a.eta.tis scriptorwn), quem obscurum et difficilem eBBe intellectu anima.dverterit.

Quo sapienti usus consilio, diligenter observa.vit quo in sensu qua.e voca.bula ille ecriptor sit solitus usurpa.re ».

122 Jvi.

123 Sulla. loro produzione polemica. nei confronti degli e.ntitrinita.ri tra.neilve.ni vedi il Regi magyarorszcigi nyomtatvdnyok cit. no. 5, ad indicem.

m GEE, p. 170.

137

(vedi i paragrafi terzo e quinto), ma messo sotto una forma ehe eerea d.i eliminare il segno della ripetizione senza pero mai nascondere il segnale del rinvio alla doeumentazione raeeolta nell'arehivio: « Postremo, quamvis obieetiones, quae contra hane interpretationem a quibusdam afferri solent, ex iis quae iam dieta sunt confutari magna ex parte possint, quasdam tarnen hie paueis attingamus ».125

La proposta « riassuntiva » dell'ultima parte del manuale dedicato alla spiegazione del prologo giovannieo ha soprattutto il eompito di mostrare agli amministratori della parola gli strumenti attraverso i quali si debbono organizzare i materiali ermeneutiei in materiali esegetiei una volta ehe, al vertiee della seala delle priorita,

e

stato eolloeato il problema del dibattito eonfessionale e della sua gestione seeondo le regole.

Si tratta, dunque, d.i un esempio di sehema eostruito dalla fonction de l'enseigneur per l'addestramento professionale dei nuovi teologi ehe fre-quentano la « seuola » della ehiesa e hanno bisogno d.i impostare - eon un modello davanti - i prineipali problemi eontroversistiei. E' probabile, anzi, ehe tutta questa parte eonelusiva dell'intervento (ehe laseia l'impres-sione di un opus imperfectum o sospeso) intendesse presentarsi eome una vera e propria topiea dato ehe eontiene gli elementi di una TBX'll1J per Ja rieerea degli argomenti da portare in difesa della dottrina della ehiesa, dopo ehe i paragrafi terzo e quinto avevano differenziato strategieamente il materiale:

da una parte si poteva eontinuare a far entrare nella biblioteea della eomu-nita tutta la produzione tradizionale (trinitaria) eome eonferma ehe le variationes ovvero dissidentes interpretationes non riguardano la eritiea del presupposto; dall'altra parte si trattava d.i lavorare eontinuamente sul testo saero (facendo rieorso a tutte le diseipline moderne a disposizione del teologo) per organizzare un retieolo ( coUatio) di luoghi seritturali simili al-l' Explicatio materialistiea dei Sozzini per la eomprensione dell'espressione giovanniea (eome esempio della lettura materialistiea basti il seguente:

«in prineipio » vuol dire semplieemente « all'inizio della predieazione del vangelo »).

In questo eontesto seolastieo ha partieolare rilevanza strutturale la posizione e l'organizzazione di ogni « exeursus », ehe si presenta segnato sulla pagina eome un ecart per far eompiere delle esereitazioni pratiche.

Per mostrare il funzionamento del metodo enyediano abbiamo scelto d.i studiare dettagliatamente le risposte alle obbiezioni prima e seeonda.

Abbiamo inveee laseiato da parte le contestazioni dei punti terzo (a) e quarto (b) ehe, presentate per sommi eapi, affrontano rispettivamente i seguenti due problemi.

a. La differenza radieale tra struttura linguistiea veterotestamentaria e struttura linguistiea neotestamentaria a partire dall'analisi del seguente enuneiato: « Omnia per ipsum faeta sunt ».126 I1 segmento giovannieo,

125 Ivi, p. 169.

128 Ivi, p. 172: « Tertio oppugmmt illorum verborum interprete.tionem; omnia per ipBUm /acta aunt. Ac non de secunde. seu nova., verum de veteri crea.tione ha.ec esse intelligende., contendunt »; p. 173: • Quod vero dicunt, semper expresse in scriptura., nova.e crea.tionis fieri mentionem, a.tque quoties simpliciter crea.tionis vox eine a.ddita.-mento pona.tur, de veteri crea.tione fieri sermonem, fälsum est ».

messo sopra il messaggio paolino, viene preso come « mariifesto » del rinnovamento del rapporto tra dio e uomo iscritto nell'opera messianica e la scheda compilata dall'Enyedi si presenta sotto la forma di un catalogo di testimonianze per provare ehe la catena leliana

e

legittima: « Hac etiam par-ticula [i teologi] abusi sunt mire ad pro band um Christum esse creatorem omnium, coeli terraeque, sed in eo falsi sunt ». E sono nel falso perche

« creationis vocem non intelligerent de recreatione, seu renovatione, recon-ciliatione, et recapitolatione restaurationeque ».127

b. La triplice significazione della parola « mundus » nel decimo ver-setto del prologo: il

«

genere umano » ( 1 n mundo erat); gli

«

eletti » (Et mundus per ipsum factus est); i « reprobi » (Et mundus eum non cog-novit) .128 Il discorso si presenta questa volta come sistematico svolgimento dell'annotazione preliminare di Fausto: « Hie mundum metonymice pro huius mundi hominibus accipi, nullum dubium esse debet. Id enim manife-stissime apparet dum inquit: Et mundus eum non cognovit. Nam de hominibus tantum hoc dici nemo inficias ibit ».129 Ma, soprattutto, si presenta come ripetizione allargata della rivendicata novita dell' Explicatio rispetto alla Brevis e:rplicatio, ehe infatti aveva « saltato » il versetto: « Qui autem hoc loco sibi velit loannes a nemine nos verum sensum elicere et omnibus aper-tissime facere, quem superius etiam aliquando attingimus ».130

Nell'incolonnamento, ehe presentiamo come esempio illustrativo del primo problema proposto (a),

e

facile rendersi conto ehe I'Enyedi, a partire dall'annotazione « filologica » faustina, incorpora (allungandola: re-facere, re-generare) la catena leliana.

m LSE, p. 67. Ecco come viene allungata la catena leliana: Isaia 51: 16; Gie.como 1: 18; Efesini 3; 9. Essa viene conclusa dalla seguente considerazione: « Quae de nova creatione esse intelligenda, etiamsi eius rei expressa ibi non fiat mentio, adversarii quoque nostri, memoriae prodiderunt. Neque etiam necesse est, ut ea quae confessa et apud omnes nota sunt, semper scriptor inculcet. Notwn est hos scriptores esse novi testamenti cives et praecones. ldeoque de rebus novis, de regeneratione et nova cree.-tione diBSerere. Quid enim de veteris mundi ereacree.-tione, quam sa.tis copiose et divine descripsit Moses, loqui ipsos ere.t necesse? nisi si obiter alique.ndo, illius mentionem fecerint. ltaque non debuerunt semper, quod in confesso ere.t, inculcare » (GEE, p. 1 73). Segue e. questo punto un excursus molto interessante contro coloro i que.li negavano ehe le. « nuova cree.zione » fosse ste.te. fe.tte. con il ve.ngelo e sosteneve.no al contre.rio ehe esse. ci foBSe gia nel regime della legge (pp. 173-174).

ize GEE, p. 174: <c Que.rto igitur nobis e.dverse.ntur, in illorum verborum expli-catione: in mundo erat et mundus per ipsum factus est et mundus ipsum non cognovit »;

pp. 174-175: «Ad hoc respondemus, id quod ipsi pennittunt, non debere e.liis dene-gare. Nam in hoc prooemio Ioe.nnis explice.ndo frequenter ipsi quoque easdem voces, etiam ste.tim repetite.s, in diversis e.ccipiunt significationibus ». Le obbiezioni erano cosl formulate: « Quod vocabulum mundus in tarn paucis verbis tarn varie interprete-mur, ut singulis cle.usulis peculiarem addamus interpretationem: in prima. e.ccipiamus pro toto genere hume.no, vel certe pro iudaeis omnibus; in secunda pro electis te.ntum;

in tertia pro reprobie » (p. 174); « Quod cum idem mundus dicatur Christum non cognovisse qui per eum conditus est, asserunt fieri non poBSe ut mundus in secunda cle.usula pro solis electis accipiatur, alias dicerentur pii, Christum non cognovisse $.

129 FSE, p. 23.

uo Ivi.

139

«Nemo est qui nesciat novum foedus [ ... ] hebraismis infinitis pro-pe seatere. Scimus autem hebraeos verba composita non habere. ldeo-que simplicibus pro compositis uti.

Qualem hebraismum et veterum et reeentiorum nonnulli agnoverunt, 3.

eap. epistolae ad ephesios, in illis verbis: Qui omnia creavit per lesum Christum. Quae verba et vere et eru-dite interpretati sunt: Omnia instau-ravit vel omnia iterum condidit per lesum Ohristum.»131

dllud quoque notissimum est simplicia voeabula saepe pro compo-sitis accipi, praesertim apud novi testamenti seriptores, qui - cum hebraei essent - linguae suae pro-prietatem secuti, quae compositis verbis caret, saepissime factum di-cunt pro refactum, et creationem pro recreationem, generationem pro re,ge-nerationem.»132

6.2. ~APTUM» E dNEPTUM» (SULLA PRIMA OBBIEZIONE)

Questo e lo sehema della prima obbiezione: dicono ehe noi rendiamo lo serittore evangelieo del tutto incapaee di signifieazione (in e aptus) se pren-diamo la formula ineoativa «in principio » eome sostitutiva (pro) della seguente frase dispiegata: « All'inizio della predieazione del vangelo e della pratica battista ».1sa

Per organizzare una risposta, ehe riassuma in termini altrettanto sche-matici tutto quello ehe e stato detto a proposito dello (( stile » di uno scrit-tore e della posizione ehe nei suoi eonfronti deve assumere il lettore cordatus (eioe trasgressivo del eodiee e rispettoso dell'alterita) e a proposito dello

« seopo » di una scrittura, da rintraeeiare all'interno del testo anziehe nella spiegazione eonfezionata dalla cultura dominante attraverso il filosofo platonicus (cioe prigioniero del eodiee e negatore della differenza), l'Enyedi propone la seguente scaletta.

a) La questione dello stile

Nell'aecostamento eritico a un testo come quello ehe abbiamo davanti (il pro'logo), testo ehe funziona da « fonte » in eomune per l'addestramento all'interpretazione dei ministri dell'una e dell'altra parte, dobbiamo operare una prima disgiunzione di ordine metodologico. Essa consiste nel separare la « dictio » dallo « stilus ». Che, nel easo speeifico, vuol dire separare l'enuneiato dall'enuneiazione.

Nell'obbiezione mossa dalla tradizione all'innovazione nell'interpreta-zione si realizza un rapporto del lettore eon il testo il quale consiste nel pro-nunciare un « giudizio » sul discorso ( dictio) dello serittore eome se questi

mJvi, pp. 23-24.

iaz GEE, pp. 172-173. Conclusione: «Ex quibus ad minimum hoc optinebimus, cum null& scripturae iniuria fieri si haec verba. pro nova creatione a.ccipie.ntur. Quod enim a.libi sa.epissime e.it, cur non etiam hie fieri opossit? ».

m Ivi, p. 169: • Primum igitur aiunt, nos Joannem ineptum facere, cum illud In principio a.ccipimus pro pra.edica.tionis eve.ngelii et baptismatis Ioannis initio ».

l'°

dovesse prsentare - ed effettivamente presentasse - i propri pens1en eon Ja nostra parola e eome se la forma nella quale eomuniea un « fatto » avesse il contenuto ehe noi abbiamo gia stabilito di dare in base alla nostra « eul-tura » ehe lo vuole eatturare.134 Si tratta, in questo meeeanismo di lettura, di un « sentenziare » su di un testo tendente a stabilire un prae-iudicium interpretativo (nell'aeeezione stricte giuridiea) e quindi a dettare delle

«norme» o delle « regole » generali all'esegeta nella eonduzione dell'argo-mentazione, ehe appare dunque sempre rigidamente delimitata da quanto ha stabilito il potere ermeneutieo.

Che eosa afferma il prontuario polemieo tradizionale? Afferma ehe Gio-vanni non diee nulla di importante intorno al « sermo » se si limita a enun-eiare la eosa (del tutto ovvia) ehe il messia era o gia viveva all'inizio della predieazione del sistema di rinnovamento e al tempo dell'amministrazione dell'immersione dei penitenti nel Giordano.135

Inveee di pronuneiare un « giudizio » (o di promulgare una « sentenza • la quale produee la verita di una serittura indipendentemente dall'intenzione e dalla volonta dell'autore) il nuovo interprete dei testi « saeri » deve im-pratiehirsi del <1 modo » di enuneiare, eioe dell'azione per mezzo della quale avviene la eomunieazione ( stilus), di ogni singolo scrittore.136

n

primo gradino di questo spostamento, gradino al quale bisogna neces-sariamente salire per effettuare la pratiea interpretativa ehe va dal « iudi-eium » sul testo alla <1 assuetudo » col testo, eil seguente: Giovanni serisse in greeo, ma era un ebreo. E proprio in quanto giudeo eonservo nella lingua d'adozione (ehe, in un eerto qual modo, si vendieo di lui eaptando nella pro-pria ideologia il diseorso evangelieo, ehe <1 stravolse » per farlo diventare universale) quello ehe e lo speeifieo (proprietas) linguistieo degli ebrei (he-lwaicus sermo).

Riprendendo eio ehe si era venuto tramando nello « spazio eretieale » einqueeenteseo introdotto alla filologia, e soprattutto rieapitolando quanto era emerso nell'esperienza sozziniana intorno alla definizione della voee

«

traduzione » aeeerchiata dalle nozioni di singolarita/speeificita, l'Enyedi offre all'apprendista la seguente affermazione « moderata » ma ancora pas-sibile di notevoli sviluppi: quello ehe puo sembrare (o essere) <1 ineptum » in una determinata lingua, puo essere « elegantia et venus orationis » in un'altra.137 Invece di affermare indeeentemente ehe uno scrittore diee

pro-184 lvi.

13/i 1 vi: « Quis enim hoc nescie.t, inquiunt, e.ut quid me.gni dica.t eve.ngelista. de

Ädy(!l si ewn, vel cum docere coepit, vel tempore pre.edica.tionis Be.ptiste.e, extitisse e.ffirmet? ».

136 J vi: c Verum istis primo respondemus, non temere iudicandwn esse de ullius scriptoris dictione, sed stilo e.ssuescendwn esse*·

137 Jvi: « Ioe.nnes enim, etie.msi grece scripsit, propriete.tem te.men hebre.ici ser-monis, ut hebre.eus, retinuit. Ideoque, quod in gre.eca. a.ut le.tine. lingue. ineptwn vide-tur, illud potest elege.ntie. et venus ore.tionis, e.pud hebre.eos he.beri ». Qui trove. poi posto un excurBUB Bull' « e.ptitudo » come figure. retorice. ( elocutio), ehe qui perö serve e. introdurre un a.ltro discorso. Esso infe.tti propone e.gli e.llievi une. serie di doveri scole.stici consistenti nell'esercite.zione a.ll'uso delle. ritoraione degli e.rgomenti nell'e.m-bito delle. controversia. Sappiamo poco sulla «figure. » delle. ri-torsione d'e.rgomento

141

prio quello ehe noi vogliamo dire si tratta di portare la ricerca nella sua

« mente » per scoprire/ca(r)pire quello ehe lui vuole dire (« quaerenda mens ») e di esaminare - con tutti gli strumenti ehe abbiamo a disposizione - per quale motivo reale egli ha voluto darein consegna (consignare) al suo testo, sigillandovela, una cosa cosi apparentemente evidente com'e quella ehe ri-porta l'obbiezione tradizionale.138

lmpostando la questione in questo modo - una procedura ehe segnala la necessita di passare continuamente dall'analisi dell'enunciato all'analisi dell'enunciazione in uno schema di raccolta delle nuove regole dell'interpre-tazione - diventera meno difficile intendere perche Giovanni ha scritto ehe la parola esisteva nel « principio » dell'insegnamento battista.139

Riprendendo un argomento ehe resta del tutto estraneo al lavoro leliano e ehe era stato introdotto con una certa difficolta teorica dalla spiegazione faustina (dove si ammette ehe nel prologo giovannico sia conservato per iscritto un qualche scopo polemico),140 György Enyedi afferma - ma senza alcuna insistenza ( se,d hoc omisso) di rilievo - ehe la dicitura Ja quale recita complessivamente «in principio era la parola » risponde al fatto ehe l'evan-gelista intendeva confutare nel suo proemio l'errore specifico dei giudei. 1 quali, infatti, non ritenevano ehe «in quel tempo » fosse gia venuto il messia. Ed

e

contro di loro (e solo contro di loro) ehe si afferma la sua esi-stenza fin dal momento in cui Giovanni aveva cominciato a battezzare.141

nella letteratura unitaria sopra.ttutto in rapporto al problema della preBBione ehe esercita il momento dell'organizzazione/formalizzazione della « frase » sul manteni-mento del principio di costanza per mezzo dell'invaria.nza. leliana. Ecco comunque, messo da parte il problema degli effetti ehe produce la consuetudine al rilancio di una

« accusa. » nelle mani di chi l'ha prodotta. affinche questi risolva nella sua risposta. la contraddizione nella quale

e

stato messo, lo schema proposto all'esercitazione: « Nam, si horum calumnias imitemur, licebit nobis ineptitudinem Johannis, secundum ipso-rum quoque interpretationem, demonstrare. Cum enim paulo post de eodem verbo dicit: "In mundo erat ", quid hoc nesciat aut quid magni de Aoy(!I dicit evangelista., quod eum in mundo fuiBBe affirmat? Certe quicquid intelligas per AO,,ov sive deum aeternum, sive spiritum quendam, res clara et omnibus nota est, quod fuerit in mundo.

Nam deus, si ubique est, et omniareplet, etia.m in mundo est. Quodnon tantum aposto-lus [ ... ] verum etiam prophani scriptores sciunt et testantur. Unde poeta: "Totam-que infusa. per artus/mens a.gita.t molem, et magno se corpore miscet ". Et nemo nescit auctoris et artificis providentiam operi semper et ubique adesse. Rem igitur nimis pro-tritam et apud omnes confeBBam protulit evangelista. cum dixit Myov fuisse in mundo » (pp. 169-170).

138 Ivi, p. 170: « Sed num propterea ineptus est dicendus et non potius quaerenda mens scriptoris et spectandum cur tam manifestas res literis consignari voluerit? ».

189 Jvi: « Certe, si hoc agendum esset, facilius nos causa.s inveniremus, cur dixe-rit evangelista. Aoyov fuisse in prinoipio doctrinae Johannis, quam ipsi explicare poBBint, cur Myoi; dicatur fuisse in mundo •>.

Ho FSE, p. 30, dove si trova una formula ehe ritorna qua.lebe oltra volta.: « Hoc loco Ioannes iudaeorum supercilium retundit •>. Ma l'importante - per la nostra im_POstazione -

e

ehe la reprimenda non appaia nella clausola della spiegazione del pnmo segmento del primo versetto del prologo.

m GEE, p. 170: « Nam potuit evangelista. eorum errorem confutare, qui nega-bant adhuo messia.m veniBBe. Contra quos a.BBerit iam in principio baptismatis Johannis extitisse ».

b) La questione dello scopo

György Enyedi aveva ancora davanti a se la straordinaria « lezione » di Fausto Sozzini ehe, nel porre il tema dell'interpretazione del prologo per sottrarlo alla « cultura » e restituirlo al « testo », aveva attraversato tutto a Giovanni 20: 31. Su questa base sozziniana il teologo transilvano era riu-scito al allestire la conclusione del primo paragrafo ehe lavorava sulla dis-giunzione tra « finis scripti » e « usus scripti ».

Adesso, al fine di sottrarre ogni membro (anche minimo) della scrittura giovannica alla speculazione della cultura ehe l'aveva ricevuto e di riconse-gnarlo alla struttura evangelica, l'Enyedi mostra con quale tipo di attrezza-tura si puo lavorare sulla formula incoativa del prologo ehe recita: «In principio erat verbum ». Cosi come il prologo deve essere sistemato nel van-gelo per esibire il suo « vero » senso, anche l'incipit non puo essere conside-rato autonomamente o isolatamente ma deve essere posto e letto in stretta connessione con tutto il versetto in cui si trova.

Se noi ci collochiamo in una posizione metodologica come quella dell'os-servazione ( spectatio) dello scopo ehe lo scrittore si prefigge quando scrive una locuzione, possiamo cominciare a vedere una serie di scansioni e a rico-struire una catena di incastri ehe altrimenti ci restano oscuri.142

Giovanni - emettendo il primo versetto - non aveva l'intenzione (non intendebat

J

di dire « semplicemente » ehe la parola era o esisteva. Ma aveva l'intenzione (intendebat) di dire « complessivamente » ehe la parola era o esisteva presso dio.1' 3 Questa « explicatio » dell'intenzione non sta pero fuori del testo e nemmeno sta sotto il testo: la spiegazione si trova sulla superficie stessa del testo.144

Id quod ipsemet ex. in principio hoc m statim explicat erat verbum

in unam princi-cum illas duas

ß.

et verbum contrahit pio erat

propositiones erat deum apud deum

Il punto di partenza per l'elaborazione di questo schema (ehe ha evi-dentemente l'obbiettivo di introdurre alla pratica del « sola scriptura » nell'interpretazione dei testi sacri) si trova nel secondo titolo leliano, ehe suona cosi: «Et verbum erat apud deum, hoc erat in principio apud deum ».145 Questo passaggio, pur non avendo neppure sfiorato la questione se non per localizzazione, aveva tuttavia lasciato fuoruscire la « solutio ».

n

secondo versetto del prologo

e

solo un hoc est del segmento {J del primo

10 Ivi: • Diligenter esse specta.ndum eva.ngelistae scopum ».

10 Ivi: • Diligenter esse specta.ndum eva.ngelistae scopum ».

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