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Biglia Menyhért apostoli nunciusnak Verancsics Antal,

In document H U N G Á R I ÁÉ R I S T O RI (Pldal 115-120)

Al Nuncio Apostolico Monsignor Melchiore Biglia etc.

Dippoi eh' io parti per Ongheria ad assettar' le cose dell arcivescovato mio, e travagliai in ciò più, che per cinque mesi, non senza veramente di molta faticha e ansieta si di corpo come dell'animo, e final-mente non ben anehora ridutto il tutto al suo diritto : fui richiamato alla corte del Serenissimo arciducca Carlo, signor mio clementissimo, e vi consumai altri dua mesi con molta servitù e molto veggiare. Hora tornata la Maesta Cesarea, mio clementissimo signore,

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a Praga, et il Serenissimo arciducca partitosi nelli suoi stati. io anehora per queste occasioni mi retiro

alla mia Chiesa; nor per goder quiete et ocio, ma per proseguire li negocii 'parte della religione e della mia Chiesa, parte anehora del confine commessomi, e delli suoi soldati, con mille altri intrighi, eli1 hora per hora mi si fanno inante nel presente stato.

E dimorando cossi in corte, feci il debito ragua-glio alle ultime di Vostra Signoria Illustrissima, man-datemi per il secretano mio. Hora non tralasciando il solito mio ufficio, queste presente saranno prima per visitarla e pregarli dal Signor Iddio questo anno novo ogni contento e prosperità, con la vita longhis-sima, et apiissima d' honori largamente hormai me-ritati; poi per conservarmi in sua memoria e buona gratia Le quale io tengo tanto charo, quanto un ben e singolare e raro. Ne fra molti miei contenti posso odire pili soave novella, che quando mi riferiscono, che Vostra Signoria Illustrissima m'ami. Cosa altra-mente eh' io non dubito ; ma odir spesso quello che diletta 1' huomo , par agli animi Immani. che questa tale dilettatione s' augmenti e fasse maggiore. Perho io pregho quella, che mi conservi è nel! amore, e nella sua gratia.

Delle cose di qua non sò altro servirle suol, che qui la peste e alentata, e s' liabita securamente. Ben ver è, che quelli, che sonno più accorti di guardarsi, temona anehora, ne si fidano d' ogni parte. Io mi fermai qui per un poco di catarro e di podagra, et anche per aspettare pili mite il passaggio a Posonio, di quel eh' il temporal di pochi di s' havea mostrato carico d' altissimi nevi e d' asperrimi freddi.

Il Transsilvano manda di novo il medemo aia»

101 lisciatore alla corte Cesarea. Li vicini nostri Turchi sono per alquanto senza streppito : credilo per 1' in-vernata e per non muovere qualche novità in queste parti, fin tauto che travagliano nel mar.

L a lega di principi Cristiani Soa Santita nostro signore sollicita e caccia a più potere et oltra 1' liu-mano credere. Alla quale Signor Iddio ricompensi tutte le sue santissime operationi e sforzi, che con-suma dì e notte al beneficio publico della Cristianità.

Ma mene dubito assai, che. se non si trovero il vero e legittimo modello di fare e di guidar la detta lega, sarà poco profitevole, e somegliante à tutte quelle, che ne tempi delli anni miei sono state fatte. Non mentovando questa del' anno del LXX.

L a quale s' in tre stati, di quali fu congiunta, non fece 1' effetto alchuno, che da quella si potrà sperare, che dovrà essere di tutti. Cercassi dunque il suo modello ; racconciassi la religione, faciassi com-mune concordia, unità e pace. E reconciliato Iddio delle communi e publichi eccessi del mondo per via della penitenza diassi alla detta lega per il suo ge-nerale , non huomo privato, ma qualche principe se-gnallato, generoso, Catholico e buon guerrieri. Allo quale ubidire et inclinarsi ninna condicione si vergo-gnerà. E cussi al fine il mondo Cristiano prenda 1' armi, e faccia la fronte a questo si potente nimico ; sperand' in quello che disse : „Quaerite primum Re-gnum Dei etc." Altramente se li Cristiani faranno, e credendo che le loro forze mal congionte e peggio unite, otteneranno le desiderate vittorie, ho molta pa-rerà, che s' ingannaranno. Perch' Iddio, eh' è signore delli esserciti, e combatte esso, istesso per li soi santi, e fa, eh' uno di essi fuga mille, e duo dieci

mil-lia. Come è possibile, che noi inimici della fede Ca-ttolica. della charità fraterna, della commune concor-dia e della pace, che Cristo ne lasso per 1' ultime e testamentali sue dispositioni, senza egli contr il ila-gel suo, che sono i Turchi, potremo felicemente com-battere.

E quantumque questa mia opinione, come d' huomo di Chiesa, non da guerra, para srana, e fuori delli presenti usi, costumi e creanza : Io perhò, come veramente huomo di Chiesa, e sapend' anclio di guerra forse tanto quanto dua tironi, non facilmente mi parto dal mio parere. Perciò eli1 essendo noi fi-glioli d1 Iddio, e della resurezzione ; per certo esso Iddio e nostro confallone, et il dover vole, che pri-mieramente lore reconciliamo e placchiamo verso noi.

Poi, che ne tutti gli apparati nostri di guerra contra ad ogni conditione d'inimici nostri si consigliamo con esso lui, s' accomodiamo a lui e diamole in summa tutte le prime parti di quanto si harà a fare. E cussi finalmente noi, com' huomini et ubedienti figliuoli pro-cediamo nella impresa sperando la vittoria, non dal nostro potere e sapere, ma dal braccio suo. Altra-mente si faremo e diremo : „Manns nostra excelsa, et non Dominus fecit haec omnia;" dubito assai, che si ingannaremo, e le nostre cose saranno confuse, imbecille e tarde. E ciò, che sia il vero. La miglior e la maggior parte di Cipro h perduta, 1" altra s' ha per perduta; Candia, Corfu, Zante; Zefalonia et altre isole, eh' vi sono in quelli mari, di che speranza sono? ogni uno lo vede. Ne di Dalmatia altro s' aspetta, che male. Dalla quale gli liti de' Italia, che li sono opposti, come staranno ? E pur non si cessa dalle contese di precedenza. Ne perciò agevolmente

103 si può trovare alla detta lega conveniente general.

Ne che al generale si dovesse dare luogotenente et i consiglieri. Sta bene. Quest,' e la vera via di ben conchiuder essa lega, e spinger insieme contro al commune inimico, che già à tutta la Cristianità stringe la gola, e caccia la sotto il giogo suo. Dal quale Iddio ne liberi. E noi faciamo quel tanto, che la insegna della nobilissima citta di Fano, matre di huomini da bene dice : „Unanime» durate viri, Victo-ria vestra est."

Del caso di Telegdino nostro, creddo, che Vo-stra Signoria Illustrissima ha già inteso per le sue, havendoli commesso, eh' à quella scrivisse, e le supli-casse per il patrocinio. Perch' il caso essendo nella falsificatone di certo privilegio (come li s1 oppone) a di nota d' infidelità, che li importa grande pericolo.

Di maniera, che se il giudicio della appellatione, che si f a r à in foro Locumtenentis Palatinalis, non lo ag-gìuterà, l1 honor, la vita e la morte sua sarà in mano e gratia di Soa Maesta Cesarea. Del primo suo in-ciampo era già quasi venuto in buon termine, li so-pragiunse questo. Hora aggravato di tutti dua, che sono capitali, vegga Vostra Signoria Illustrissima di che fatti è questo giovene, eh' b dotato di molte buone parti. Io quanto posso non li manco d' aggiuti. Ma le tanto esoso alli eretici, da onde patisse tanta tempe-s t a , che tempe-se non li tempe-serrà porto qualche favore,dalla bontà Cesarea, serà per terra. Lo raccomando dunque stritissimente a Vostra Signoria Illustrissima, la quale supplico non li manchi, ove potrà del patroci-nio suo.

L' ultimo luoco sarà il negotio mio. Scrivemi Diotalevì, eh' anello da Soa Santita nostro signore,

insieme co' 1' Illustrissimo cardinal Morono, gli h stata fatta mentione, accio dovesse adimandare il pal-lio à nome mio per via d' un mandato, et uno avvocato concistoriale, si come Vostra Signoria Illustrissima vedrà ne questa particella delle sue lettere. Priego la Vostra Illustrissima Signoria m' indrizzi con qual-che formula simile à tal effetto, e formela havere quanto prima. Ne per altro ricorro a Lei, che per te-nere il modo delli Archivi Apostolici, delli quali non vorrei uscire. Per tanto di nuovo la prego eh' in ciò m' aggiuti. E stii felice e sana. Da Vienna alli XVIII.

gennaro L X X I .

XLI.

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