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L T ÜNDE S ÜLI IN Ó NOZÓ

In document Imre Barna (Pldal 33-42)

Il simbolismo dell’aquila nella Divina Commedia

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N T R O D U Z I O N E

A PRODUZIONE DI SIMBOLI, ATTIVITÀ FONDAMENTALE DELLE SOCIETÀ UMANE, SVOLGE UN RUOLO RILEVANTE NELLA RELIGIONE, NELLE ARTI1 E IN LETTERATURA. IL SIMBOLO, CONSIDERATO UN NU

-TRIMENTO SPIRITUALE, SPECIALMENTE NELMEDIOEVO AVEVA UNENORME IMPORTANZA COME MEZ

-ZO DI COMUNICAZIONE. Sulla spiritualità dei simboli anche MIRCEAELIADEscrive, nel suo saggio Immagini e simboli: «il simbolo, il mito e l’immagine appartengono alla so-stanza della vita spirituale».2

L’uomo medievale è molto vicino alla natura e, secondo la sua concezione del mondo, l’universo è un’armonia in cui ogni elemento occupa un determinato po-sto: gli esseri e gli oggetti che popolano il mondo sono classificati, secondo le sca-le di priorità, in:

• lapidari: libri medievali sulla virtù delle pietre preziose;

• erbari: volumi in cui sono descritte le piante medicinali e le loro proprietà;

• bestiari: trattati sulle caratteristiche degli animali reali, mitici oppure fanta-stici; generalmente, le brevi descrizioni degli animali sono accompagnate da spiegazioni di contenuto morale e da riferimenti tratti dalla Bibbia. Gli oggetti che si trovano allo stesso livello sono messi l’uno accanto all’altro.3 Tra le opere enciclopediche in cui sono presenti bestiari, erbari e lapidari vor-rei menzionare le Etimologie di Isidoro di Siviglia, il Trésor di Brunetto Lati-ni. Il Fisiologo, traduzione latina di un anonimo testo greco scritto nel II se-colo d. C., si compone di 48 capitoli che presentano le caratteristiche di va-ri animali, piante e pietre. Il Fisiologo è una delle opere più lette nel

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veo, il bestiario più noto e più rilevante. Il Bestiario moralizzato di Gubbio, a caratteristiche morali e religiose – quasi tutti i bestiari medievali hanno ta-le carattere – si compone di 64 sonetti con una forte caratterizzazione lin-guistica umbra.

Tutte le cose e tutti gli esseri viventi del mondo creato acquisiscono un valore sim-bolico e sono considerati segni e simboli di Dio: cioè, la sua presenza si manifesta tramite i simboli. Anche dietro i fenomeni c’è un’essenza nascosta, che in tal modo simboleggia il mondo divino. Il pensiero romanico si basa sul simbolo e il pensiero simbolico è consustanziale all’uomo orientato verso la luce.4

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L S I M B O L O

La parola greca sy`nbolon (da synballein, «gettare con, mettere insieme») indica in origine un rapporto che si instaura tra due oggetti ed entità separate quasi fonden-dole insieme: ma è passata molto presto a definire aspetti essenziali della comuni-cazione e del pensiero umano, con accezioni molto diversificate e contrastanti.5 Il simbolo è una delle basi principali dello sviluppo della conoscenza. Ogni simbo-lo è un veicosimbo-lo universale e alsimbo-lo stesso tempo particolare, in quanto i simboli pre-sentano un carattere universale pur adattandosi ad una data epoca.

Nelle Etimologie di ISIDORO DISIVIGLIAil simbolo viene definito come un segno, un signum che rende possibile l’accesso ad una conoscenza.

MIRCEAELIADEdice che «il simbolo rivela alcuni aspetti della realtà – i più profon-di – che sfidano qualsiasi mezzo profon-di conoscenza»6.

Per JUNG, il simbolo si colloca al centro della psicologia analitica. Esso unifica il conscio e l’inconscio, l’avvenire e il passato. Di tale attualizzazione esso offre un presente.7Secondo JUNG, solamente i segni e le allegorie sono semplici mentre il sim-bolo copre sempre una realtà complessa.

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Mentre ai giorni nostri si opera una netta distinzione fra simbolo e allegoria, in Dan-te e, in generale, nelle opere letDan-terarie medievali, non viene operata una separa-zione tra le due nozioni. Nel Medioevo esisteva infatti un’assimilasepara-zione fra simbo-lo e allegoria: la definizione applicata di quest’ultima era diversa da quella tradi-zionale.

Secondo la tradizionale definizione, l’allegoria è una figura retorica che con-siste nel «dire altro» da ciò che vuol significare: si tratta così di una metafora pro-lungata.8Nei testi medievali, questo strumento retorico mette in rapporto anche serie complesse di elementi come personificazioni, azioni e schemi narrativi e de-scrittivi con realtà mentali e astratte, con significati spirituali o morali; mette in re-lazione l’espressione allegorica con l’interpretazione allegorica di una scrittura: due

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procedimenti di segno opposto che però si completano. Dato che la definizione me-dievale dell’allegoria è molto vasta, può esser applicata a quasi tutte le varietà del-l’espressione, in primo luogo a quella simbolica.

Nel Convivio, DANTEespone la sua opinione sull’interpretazione di un testo.

Secondo l’autore, sia i testi sacri che quelli profani possono essere interpretati mas-simamente in quattro sensi.9Il primo senso è quello «litterale» che non va oltre il significato delle parole che costituiscono il poema. Dato che il senso letterale in-clude gli altri sensi, è quindi considerato il fondamento degli altri significati e, per-ciò, un senso più esteriore ed esplicito.10

Il senso allegorico è quello che si nasconde «sotto ’l manto di queste favole»11 – cioè sotto il senso letterale: si tratta di una verità nascosta sotto una bella menzo-gna o una finzione.

Poi DANTEsottolinea la differenza fondamentale tra i testi poetici che hanno un significato vero solo in senso allegorico mentre il loro signifiato letterale è con-siderato falso, ed i testi sacri, che hanno un signifato vero sia in senso morale o ana-gogico che in quello letterale.

Il senso morale è quello che i lettori devono cercare di cogliere nei testi, con profonda attenzione, a vantaggio di se stessi e dei loro allievi: si tratta di un inse-gnamento e di una regola di comportamento che si può trarre dalle scitture.

Il senso anagogico o il sovrasenso rende possibile la penetrazione nelle supe-riori verità: ha, infatti, intendimenti spirituali una scrittura che, sebbene sia vera an-che alla lettera, reca il vero significato attraverso le cose dette e rappresenta le cose divine della gloria eterna.

Dopo aver fatto una distinzione fra due specie di allegoria, l’allegoria dei poe-ti e quella dei teologi, sulla base della verità o della falsità del senso letterale, DANTE

precisa che, nell’interpretazione delle canzoni inserite nel Convivio si seguirà l’al-legoria dei poeti; nell’Epistola a Cangrande della Scala12, però, viene proposta per il poema l’interpretazione applicata dai teologi.13

Anche il soggetto dell’opera è duplice. Il poema interpretato letteralmente par-la dello «status amimarum post mortem», e quindi dello stato delle anime dopo par-la morte in generale; se però l’opera viene interpretata allegoricamente, il poema ha come argomento la giustizia di Dio: in relazione alla sua decisione, dopo la morte l’uomo riceve i premi oppure le punizioni della giustizia divina.

Per restare alla dupplicità del senso, CHARLESS. SINGLETON, ne La poesia della Divina Commedia, parla del duplice viaggio visibile nella Commedia: quello di un singolo individuo verso l’alto, nell’Aldilà, e quello che si svolge nella vita terrena.

Il viaggio oltremondano di un singolo individuo svoltosi nel passato e rievocato nel-la memoria riflette quello del genere umano. Dopo i primi due canti dell’Inferno, che costituiscono il prologo del poema, avviene un cambiamento di scena, di luo-go e di tempo, e quindi cessa la doppia visione: il nostro viaggio diventa il suo, quel-lo del «Viandante». Il senso allegorico del poema riguarda il nostro viaggio verso la salvezza che si svolge durante la vita terrena. Il poeta organizza il suo poema in mo-do tale che il lettore arrivi al senso letterale solo mo-dopo esser passato attraverso il se-condo senso, quello riflesso. Con un prologo, Dante dispone il viaggio che deve

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ser riflesso là dove egli possa regolare la riflessione entro la struttura organica del suo poema.14

Secondo la tipoligia biblica, gli avvenimenti della vita di Cristo sono prefigu-rati nell’Antico Testamento: per esempio, l’adorazione dei magi ricorda i tre guer-rieri che offrono acqua a David, e la Cena evoca la Pasqua. Anche la Divina Com-media può esser ritenuta tipologica perché gli avvenimenti del poema, il viaggio di Dante attraverso i primi due regni e l’apparizione di Beatrice nel Paradiso terrestre possono prefigurare la visione di Dio.15

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A Q U I L A

L’aquila è un simbolo spesso usato nelle opere di Dante. Le tradizioni concettuali e quelle visuali, i bestiari medievali, i mosaici di Ravenna, le decorazioni delle chie-se possono eschie-sere considerati come fonti sull’applicazione dei simboli e delle alle-gorie.

Nel quarto capitolo del libro secondo del De vulgari eloquentia, DANTE preci-sa che lo stile tragico e sublime upreci-sa il volgare illustre, che però non conviene a tut-ti i poetut-ti, ma solo a quelli magistrali per cultura e ingegno, e il loro canto viene pa-ragonato al volo dell’aquila che si alza alle stelle.

Nel secondo libro del De Monarchia, che dimostra l’origine divina dell’Impe-ro Romano, il segno dell’aquila e quello del regno indicano l’Impedell’Impe-ro stesso.

In seguito alla discesa di Arrigo VII di Lussemburgo, sposo dell’Italia vedova, che vi veniva per far valere i suoi diritti imperiali, Dante sperò di veder risolvere tut-ti i problemi dell’Italia e scrisse tre epistole improntate all’ottut-timismo. Nell’Epistola V, l’aquila sublime e, nell’Epistola VI, quella d’oro, alludono all’Imperatore. Impe-ro e Imperatore sono due motivi ricorrenti nelle opere di Dante e, allo stesso tem-po, due elementi fondamentali nella sua concezione politica.

Possiamo distinguere due famiglie di simboli danteschi, che perciò divengo-no portatori di un significato allegorico: i simboli che sodivengo-no personaggi reali, come Virgilio o Beatrice, e quelli che sono pure finzioni, come il leone oppure l’aquila.

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Tra le due forme, l’aquila e l’aguglia, che si alternano nella Divina Commedia, pre-vale la seconda. Dante scrive solo due volte la parola aquila, una volta nell’Inferno e una volta nel Paradiso, in ambedue i casi al singolare; scrive però la parola agu-glia nove volte, tre volte al singolare e una volta al prurale nel Purgatorio, e quattro volte al singolare e una volta al plurale nel Paradiso; e l’aquila, una volta, viene in-dicata come «l’uccel di Giove».

Secondo il Fisiologo, l’aquila è capace di volare fino al cielo del sole, di raggiungre un’altezza eccezionale con il suo volo, che Dante paragona all’eccellenza dell’ope-ra di Omero, cioè «di quel segnor de l’altissimo canto» nel quarto canto dell’Inferno

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(IV, 96). Dante usa il superlativo altissimo per esprimere l’eccellenza dell’opera ome-rica rispetto al canto degli altri poeti.

Anche la potenza della facoltà visiva dell’aquila si offre come termine di pa-ragone. Secondo la tradizione, l’aquila è l’unico volatile capace di sopportare a lun-go la luce accecante del sole. L’aquila sottopone alla luce suprema anche i suoi pic-coli, e riconosce come vera prole solo quelli che riescono a sopportare i raggi del sole: gli altri, invece, sono caccati dal nido.16Nel primo canto del Paradiso (I, 48), Dante descrive un’azione soprannaturale di Beatrice: siamo nell’Emisfero australe del cielo, il meriggio illumina la vetta del Paradiso Terrestre e Beatrice, rivolta sul fianco sinistro17, fissa i suoi occhi nel sole con un’intensità visiva superiore a quel-la dell’aquiquel-la.

Poi le capacità naturali dell’uccello si collegano all’eccezionalità dell’aquila, la cui figura è formata dalle luci (fochi) degli spiriti beati (Paradiso, XVIII, 107; Pa-radiso, XX, 32).18L’aquila è in molte culture l’emblema della potenza divina, di quel-la regale – con questo messaggio del simbolo affonda le radici in diverse culture – e diventa l’emblema della Roma imperiale cui Dio ha affidato la giustizia in terra se-condo la concezione dantesca dell’Impero. Solamente l’Imperatore è capace di eser-citare la giustizia e di mantenere la pace. Roma è considerata da Dante lo specchio dell’ordine divino nel mondo, e il simbolo dell’Impero che ha realizzato tutti i va-lori che una società deve avere. L’aquila, che in questo canto appare come simbolo della Giustizia, anche nel simbolismo cristiano è uno degli attributi di questa virtù cardinale.19L’aquila, formata dagli spiriti giusti, come un essere vivente comincia a parlare e dialoga con Dante (Paradiso, XX, 26).

L’aquila, indicata come «l’uccel di Giove», rappresenta gli imperatori romani nelle scene della mistica processione del Paradiso terrestre (Purgatorio XXXII, 112).

In Grecia e a Roma, l’aquila era attributo di Zeus, uccello di Giove, emblema del-l’Impero Romano, dei suoi trionfi e del suo dominio universale, simbolo dell’Im-peratore. L’uccello che cale rapidamente dal cielo e strappa la scorza, i fiori e le fo-glie nuove dell’albero simmboleggia gli imperatori romani che perseguitarono i cri-stiani. Poi «l’uccel di Giove» che viene per la stessa via, scende nell’arca del carro20 e ci lascia una parte delle sue penne, rappresenta l’Imperatore Costantino (Purga-trorio, XXXII, 125). L’imperatore, «sotto buone intenzion»21, cioè con buona inten-zione, donò alla Chiesa Roma ed altre terre, anche se poi in parte il potere tempo-rale ne causò la deviazione verso i beni temporali. L’allegoria allude all’Editto di Mi-lano, che Dante ritiene autentico ma che non considera valido: l’Imperatore infat-ti non aveva il diritto di donare una parte dell’Impero alla Chiesa, né il Papa aveva il diritto di accettarla, poiché il Vangelo proibisce il possesso di beni temporali.22 Con l’aquila del XXXIII canto del Purgatorio (XXXIII, 38), altresì simbolo del-l’Imperatore, Dante fa riferimento ad un fatto storico: dopo la morte di Federico II – da lui considerato uno dei valorosi imperatori del Sacro Romano Impero –, alla data della visione Imperatore era Alberto d’Asburgo, che però non discese a farsi in-coronare, trascurò l’Impero e il suo dovere. Secondo Dante, compito del Nuovo Ce-sare era quello di occupare il proprio trono a Roma, di respingere la Chiesa entro i limiti della spiritualità e di limitare i poteri del re.

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Un’aquila dalle penne d’oro, apparsa in sogno a Dante addormentato nella valletta dei principi, trasporta il viaggiatore fino alla sfera del fuoco e lo aiuta a con-tinuare il suo viaggio (Purgatorio, IX, 20). Qui l’aquila può esser interpretata come simbolo della grazia divina, oppure come trasposizione onirica di Lucia, simbolo della grazia illuminante, e come il simbolo dell’Impero ideale, inteso come strumento della grazia divina che conduce l’uomo alla realizzazione del perfezionamento mo-rale e rende possibile la nascita di una società perfetta, la cui raffigurazione è il Pa-radiso terrestre. La giustezza di quest’ultima constatazione è testimoniata dalle im-magini usate da Dante come quella imperiale: cioè, l’insegna imperiale costituita da un’aquila d’oro in campo vermiglio, spesso usata come simbolo dell’autorità del-l’Impero.

«L’aguglie nel oro» del X canto del Purgatorio (X, 80) indicano le insegne del-l’esercito romano. Al momento della partenza per un’impresa militare, i cavalieri circondano l’Imperatore Traiano, e le insegne di Roma – l’aguglie nel oro –, spinte dal vento, si muovono. «L’aguglie nel oro» – espressione creata da Dante – indicano le insegne con le aquile dorate.

L’aquila del VI canto del Paradiso (VI, 1) appare come sacrosanto segno del-l’Impero. Costantino trasferì la sede dell’Impero da Roma a Bisanzio, cioè portò l’a-quila contro al corso del cielo, da ovest a est. L’imperatore Giustiniano narra la sua vita24, e la sua storia personale s’intreccia con quella del segno dell’aquila, il cui glo-rioso cammino viene evocato.

La miniatura del Codex Italicus rappresenta la scena in cui l’uccello rapisce il pellegrino dal Monte Ida e lo trasporta fino

alla sfera del fuoco23

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L’aquila è in primo luogo un simbolo araldico, e si trova in molti stemmi gen-tilizi ed emblemi cittadini. Per le sue qualità eroiche, molti regnanti la scelsero co-me animale araldico: per esempio, i sovrani tedeschi, i duchi di Baviera e i re po-lacchi. «L’aguglia da Polenta», che fa parte dello stemma dell’omonimo casato, si ri-ferisce a tutta la famiglia che reggeva la Signoria di Ravenna, e in generale si allude alla violenza delle Signorie in formazione, ai tradimenti, alle diffidenze (Inferno, XX–VII, 41). Dante non voleva capire le nuove forme sociali, e nel mondo vedeva so-lo il caos e la confusione: cercava di adeguarsi al perfetto ordine mondiale, e tale perfezione voleva realizzarla anche nella sua vita politica.

Con l’aguglia di Cristo (Paradiso, XXVI, 53) Dante allude all’evangelista Gio-vanni, discepolo prediletto di Gesù. L’aquila, tra i quattro animali apocalittici che simboleggiano gli Evangelisti, è il simbolo di Giovanni. L’uccello è paragonabile al-l’Apocalisse di Giovanni: infatti, il Libro della Rivelazione eleva l’uomo verso Dio co-me l’aquila vola verso il cielo.

Nel Physiologus si trova la leggenda popolare dell’aquila secondo cui, quan-do il rapace invecchia, le sue ali si appesantiscono e la sua vista si offusca: allora, cerca una fonte di acqua pura e vola sopra questa sorgente fino al cielo del sole e brucia con i raggi solari le sue vecchie ali ed il velo che offusca la vista. Poi scende alla fonte, vi si immerge tre volte e subito si rinnova. Anche l’uomo deve cercare la sorgente spirituale del Signore: l’uomo battezzato in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo rinnoverà la sua giovinezza come l’aquila nella fonte di acqua pura e, in tal modo, il ringiovanimento dell’uccello appare paragonabile al

battesi-La miniatura del Codex Italicus rappresenta la scena in cui Traiano, alla testa dell’esercito, sospende la propria partenza per rendere giustizia

ad una povera vedova: terzo esempio di umiltà nella cornice dei superbi

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L’interpretazione dei simboli e degli emblemi esige la conoscenza del modo di pen-sare dell’uomo dell’epoca data, richiede la nozione relativa alla civiltà di un dato periodo della storia cui è legata la nascita oppure la ripresa di un simbolo e di un emblema. Gli stessi simboli possono essere ripresi, interpretati e utilizzati con si-gnificati sempre più estesi, e da ciò risulta la molteplicità dell’interpretazione. La conoscenza simbolica è simile alla rivelazione che, legata al simbolo, dipende dal livello di colui che la riceve.

Noi cerchiamo di comprendere il messaggio dei simboli, nati e usati nelle di-verse epoche: però, per noi, essi restano sempre in parte misteriosi, poiché vivia-mo in un’altra epoca ed apparteniavivia-mo ad un’altra civiltà.

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I B L I O G R A F I A

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1L’arte medievale, in quanto Bibbia dei poveri, è fondamentalmente didattica: si può insegnare agli analfabeti con l’aiuto delle immagini. Le decorazioni delle chiese romaniche, le immagini, i mes-saggi scolpiti in pietra però non si rivolgono solo agli umili, ai pellegrini, ma anche ai dotti e ai si-gnori.

2M. ELIADE, Képek és jelképek, Európa, Budapest 1997, p. 12.

3L’uomo si colloca in cima al mondo creato.

4Cfr. M. M. DAVY, Il simbolismo medievale, Edizioni Mediterranee, Roma 1988, p. 13.

5Cfr. G. FERRONI, Storia della letteratura italiana, Einaudi Scuola, Milano 1991, vol. I, Introduzione – Termini base XXXVII.

6M. ELIADE, op. cit., p. 14.

7Cfr. M. M. DAVY, op. cit., p. 106.

8La parola allegoria deriva dal vocabolo greco alleon, che significa altro o differente.

9Massimamente significa che un’interpretazione così articolata non può esser data a tutti i testi.

DANTEsi propone di spiegare, per le sue canzioni, dapprima il senso letterale, poi quello allegori-co e, all’occasione, gli alri sensi.

10Senza capire il significato letterale, il lettore non può comprendere gli altri significati.

11D. ALIGHIERI, «Convivio. Trattato secondo», in: Tutte le opere, Newton, Roma 1993, p. 902.

12Di particolare rilievo è l’Epistola XIII, scritta per accompagnare l’invio e la dedica del Paradiso a Cangrande della Scala.

13Applicando l’allegoria dei poeti, la narrazione del viaggio di Dante nei tre regni dell’Aldilà dovrebbe essere considerata come una bella favola che nasconde il significato profondo, quello allegorico.

L’allegoria applicata nel quarto canto del Paradiso (l’architettura del Paradiso di Dante) è però quella dei poeti: un’allegoria puramente retorica o in verbis, una pura metafora. Dante dichiara la sua inadeguatezza a dire le realtà divine, che hanno una verità cui l’allegoria tipologica non può assolutamente aspirare.

14Cfr. C. S. SINGLETON, La poesia della Divina Commedia, Il Mulino, Bologna 1978, p. 35.

15L’ascesa verso la giustizia eterna è un motivo fondamentale della Commedia. Il viaggio di Dante è anche quello verso la pace, un tranquillizzarsi in Dio. Secondo Dante, l’uomo può trovare la pa-ce solamente nella visione di Dio: la papa-ce è infatti uguale alla Beatitudine.

16Cfr. AA. VV., A keresztény m vészet lexikona, a cura di Seibert J., Corvina, Budapest 1986 p. 277.

17Dato che nel Purgatorio il cielo si muove da destra a sinistra.

18Le luci delle anime più nobili (li sommi), costituiscono l’occhio scintillante dell’uccello.

19Siamo nel cielo di Giove, dove si trova la sfera della Giustizia, dove sono i principi, i re, i grandi po-litici, e i giudici che esercitarono perfettamente la Giustizia. Quattro sono le virtù cardinali: Pru-denza, Giustizia, Fortezza e Temperanza.

20Il carro della Chiesa – sposa di Cristo. Ai tempi di Dante, la Chiesa era corrotta a causa della do-nazione di Costantino. Secondo la teoria delle due spade, il Papa, accanto alla spada–potere spi-rituale, voleva possedere anche la spada–potere temporale. Il carro si trasformò prima in mostro, e poi divenne preda del gigante.

21Paradiso, XX, 56.

22LORENZOVALLAdimosterà poi, nel XV secolo, la falsità di tale documento.

23Il Codex Italicus è la riproduzione di un codice trecentesco di origine veneta, frutto di una colla-borazione scientifica fra le Università di Verona e di Szeged. Insieme al codice, è stato pubblica-to anche il volume intipubblica-tolapubblica-to Studi e Ricerche, a cura di G. P. Marchi e J. Pál.

24Nel suo discorso si racchiude, in sintesi, il pensiero dantesco sull’istituto imperiale.

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In document Imre Barna (Pldal 33-42)