L’endecasillabo è una strofa metrica quantitativa – non nella poetica italiana, ma in quella greca antica. L’endecasillabo è la versione italiana della strofa metrica quantitativa antica, che è evidentemente accentuata e, nonostante si sia formata, per origine – dal trimetrio giambico e dal tetramento trocheico – a volte vi si può sentire anche la metrica quantitativa. Ripeto però che si tratta di una strofa accentuata i cui accenti principali cadono sulla quarta, sulla settima e sulla decima sillaba, tuttavia possono essere “spostati” a piacere, a secondo della natura del contenuto. Vediamone un esempio. Il terzo canto dell’Inferno si chiude con dei versi dal ritmo tranquillo:
La terra lagrimosa diede vento, che balenò una luce vermiglia, la qual mi vinse ciascun sentimento;
e caddi come l’uom cui sonno piglia.
(Nella mia traduzione:
A könnyáztatta föld felett sikongtak a vad szelek, rőten villant a villám, olyan voltam már én is, mint a holtak, s az ájulás álmatlan álma hullt rám.) Segue l’apertura geniale del quarto canto:
Ruppemi l’alto sonno nella testa un greve tuono sì ch’io mi riscossi come persona che per forza è desta.
Troviamo sulla primissima sillaba l’accento di punta. Il poeta con que-sto ci fa capire proprio il momento del risveglio brusco, quasi da sobbalzo.
Per ottenere tale effetto Dante non inizia la strofa con la forma grammati-cale solita, che sarebbe: Mi ruppe... In questo modo la strofa inizierebbe con calma, quasi con una metrica giambica, quindi leggeremmo solo di un sussulto, ma non lo percepiremmo.
(Nella mia traduzione:
Hirtelen tört szét fejemben az álom, iszonyú dörgéstől riadtam én fel, mint akit durván ráznak fel az ágyon.)
Il dialogo tra Dante e Virgilio è continuo durante il viaggio nell’aldilà. Il parlare di Virgilio normalmente affluisce con un lento, quasi cerimonioso crescendo, per lui la divisione degli accenti nelle strofe è normale, regolare 4-7-10. Le domande e le interruzioni di Dante sono sempre più agitate, siccome per lui è sempre tutto nuovo quel che vede, è sempre pieno di ten-sione e sete di conoscenza. Proprio per questo, nella descrizione di eventi
“emozionanti”, inoltre nelle domande e nelle esclamazioni di Dante tro-viamo il maggior numero di accavallamenti di accento, mentre le parole di Virgilio – soprattutto quelle didattiche – sono tranquilli, regolari endecasil-labi. Potremmo descrivere al meglio il tono del dialogo di Dante e Virgilio immaginando l’allievo emozionato e curioso che inonda di domande il suo maestro su avvenimenti sconosciuti e turbanti, mentre l’altro gli risponde con una tranquillità saggia. Eccone un esempio:
Dante: “Maestro, che è tanto greve a lor, che lamentar li fa sì forte?”
Virgilio:
“...Dicerolti molto breve,
Questi non hanno speranza di morte, e la lor cieca vita è tanto bassa, che ‘nvidiosi son d’ogni altra sorte!”
(Nella mia traduzione:
“... E népnek olyan nagy-e a bűne, hogy jutalma ennyi jaj, ennyi bánat?”
“Elmondom, szavam szabva szűkre, Nem vár kegyelme rájuk a halálnak, vak életük lealjasult egészen,
minden más sorsra irigykedve várnak.”)
Possiamo vedere come Dante tratta gli accenti, già crea una musicalità in sè, siccome il ritmo è un elemento fondamentale della musica. Ma Dante riesce a suonare anche in un altro modo – e bisogna tradurre anche la musi-ca delle righe! Dopo l’entrata nell’inferno per esempio – nella strofa 22 del terzo canto – tra le urla dolorose degli spiriti dannati, Dante suona quasi direttamente nelle orecchie di chi ascolta, tramite le numerose “i” come vocali dominanti: “Quivi sospiri, pianti e altri guai...” (Nella mia traduzio-ne: Sírt-rítt, visított mind-mind kínban ottan.) Anche le alliterazioni sono importanti. La sintassi “selva selvaggia” Babits l’ha tradotta come “vad va-don”, io invece “rettentő rengeteg”. La strofa conclusiva del quinto canto, nell’originale: “e caddi, come corpo morto cade.” (Nella mia traduzione:
“...miként tetem terül talajra végleg.”). Nel quinto canto troviamo una del-le strofe più virtuosistiche di Dante. Scrive così deldel-le anime che gli girano attorno senza regole: “Di qua di là, di giù di sù li mena.” (Nella mia tradu-zione: “Ide-oda, ki-bé, le-föl dobálta /az orkán őket...”) Mentre leggiamo questa strofa giriamo la testa in ogni direzione, come se ci trovassimo in mezzo al viavai rappresentato, come se anche la nostra lingua si muovesse sù e giù nel recitare la strofa, perché le vocali alte e basse si alternano silla-bicamente.
Quando nel canto nono appare l’angelo, Dante fa crocchiare le lettere R come l’uragano rompe i rami:
Non altrimenti fatto che d’un vento impetuoso per li avversi ardori, che fier la selva, e senza alcun rattento li rami chianta, abbatte e porta fuori;
dinanzi polveroso va superbo, e fa fuggir le fiere e li pastori.
(Nella mia traduzione:
Olyan volt, mint mikor ropogva orkán születik hőségből s a rengetegre lezúdul hirtelen, mindent sodorván, ágakat szaggat, fákat dönt keresztbe, porfelleget kavar s az égre ver fel -fut pásztor s nyáj, előre menekedve,)
Anche questi pochi esempi dimostrano quanto la musica delle strofe di Dante sia eloquente. Non solo approfondisce, ma sottolinea, a volte anche completa il contenuto delle parole. Non è sorprendente che, dalle opere di un autore così musicale, abbiano tratto ispirazione numerosi composi-tori. La parte più ispirante è rappresentata dal canto quinto dell’Inferno, sappiamo di più di una dozzina di opere liriche, il cui titolo è Francesca da Rimini (oppure Paolo e Francesca), e tra queste le opere di Rachmaninov, Mancinelli e Zandonai sono spesso nel repertorio di vari teatri dell’opera.
Nell’Otello di Rossini un gondoliere veneziano canta le parole ormai afo-ristiche di Francesca (Nessun maggior dolore...), la barcarola nobile diven-terà poi un’aria. Čajkovskij racconta in una poesia sinfonica, per bocca di Desdemona, la tragedia degli innamorati assassinati, mentre anche Liszt le dedica delle note nella sonata e nella sinfonia di Dante. La geniale opera allegra di Puccini, dal titolo Gianni Schicchi, è nata da alcune righe del tren-tesimo canto dell’Inferno. Il videoballetto di Michel Portal e Carolyn Carl-son dal titolo Commedia rievoca l’Inferno dantesco. Nel 1921 Jenő Hubay ha composto una sinfonia sul testo della Vita Nuova. Anche i musicisti pop
sono stati ispirati da Dante: il gruppo Tangerine Dream ha pubblicato il cd Inferno nel 2002, il Purgatorio nel 2004 e il Paradiso nel 2006. Vorrei annunciare qui una notizia: con il compositore Péter Tóth, insignito del premio Erkel, stiamo scrivendo un oratorio dal titolo Inferno Divino.
Spero sarà degno dei precedenti.
(Università di Turku, Finlandia)