• Nem Talált Eredményt

Il Dante musicante

In document Italia Nostra (Pldal 162-167)

L’endecasillabo è una strofa metrica quantitativa – non nella poetica italiana, ma in quella greca antica. L’endecasillabo è la versione italiana della strofa metrica quantitativa antica, che è evidentemente accentuata e, nonostante si sia formata, per origine – dal trimetrio giambico e dal tetramento trocheico – a volte vi si può sentire anche la metrica quantitativa. Ripeto però che si tratta di una strofa accentuata i cui accenti principali cadono sulla quarta, sulla settima e sulla decima sillaba, tuttavia possono essere “spostati” a piacere, a secondo della natura del contenuto. Vediamone un esempio. Il terzo canto dell’Inferno si chiude con dei versi dal ritmo tranquillo:

La terra lagrimosa diede vento, che balenò una luce vermiglia, la qual mi vinse ciascun sentimento;

e caddi come l’uom cui sonno piglia.

(Nella mia traduzione:

A könnyáztatta föld felett sikongtak a vad szelek, rőten villant a villám, olyan voltam már én is, mint a holtak, s az ájulás álmatlan álma hullt rám.) Segue l’apertura geniale del quarto canto:

Ruppemi l’alto sonno nella testa un greve tuono sì ch’io mi riscossi come persona che per forza è desta.

Troviamo sulla primissima sillaba l’accento di punta. Il poeta con que-sto ci fa capire proprio il momento del risveglio brusco, quasi da sobbalzo.

Per ottenere tale effetto Dante non inizia la strofa con la forma grammati-cale solita, che sarebbe: Mi ruppe... In questo modo la strofa inizierebbe con calma, quasi con una metrica giambica, quindi leggeremmo solo di un sussulto, ma non lo percepiremmo.

(Nella mia traduzione:

Hirtelen tört szét fejemben az álom, iszonyú dörgéstől riadtam én fel, mint akit durván ráznak fel az ágyon.)

Il dialogo tra Dante e Virgilio è continuo durante il viaggio nell’aldilà. Il parlare di Virgilio normalmente affluisce con un lento, quasi cerimonioso crescendo, per lui la divisione degli accenti nelle strofe è normale, regolare 4-7-10. Le domande e le interruzioni di Dante sono sempre più agitate, siccome per lui è sempre tutto nuovo quel che vede, è sempre pieno di ten-sione e sete di conoscenza. Proprio per questo, nella descrizione di eventi

“emozionanti”, inoltre nelle domande e nelle esclamazioni di Dante tro-viamo il maggior numero di accavallamenti di accento, mentre le parole di Virgilio – soprattutto quelle didattiche – sono tranquilli, regolari endecasil-labi. Potremmo descrivere al meglio il tono del dialogo di Dante e Virgilio immaginando l’allievo emozionato e curioso che inonda di domande il suo maestro su avvenimenti sconosciuti e turbanti, mentre l’altro gli risponde con una tranquillità saggia. Eccone un esempio:

Dante: “Maestro, che è tanto greve a lor, che lamentar li fa sì forte?”

Virgilio:

“...Dicerolti molto breve,

Questi non hanno speranza di morte, e la lor cieca vita è tanto bassa, che ‘nvidiosi son d’ogni altra sorte!”

(Nella mia traduzione:

“... E népnek olyan nagy-e a bűne, hogy jutalma ennyi jaj, ennyi bánat?”

“Elmondom, szavam szabva szűkre, Nem vár kegyelme rájuk a halálnak, vak életük lealjasult egészen,

minden más sorsra irigykedve várnak.”)

Possiamo vedere come Dante tratta gli accenti, già crea una musicalità in sè, siccome il ritmo è un elemento fondamentale della musica. Ma Dante riesce a suonare anche in un altro modo – e bisogna tradurre anche la musi-ca delle righe! Dopo l’entrata nell’inferno per esempio – nella strofa 22 del terzo canto – tra le urla dolorose degli spiriti dannati, Dante suona quasi direttamente nelle orecchie di chi ascolta, tramite le numerose “i” come vocali dominanti: “Quivi sospiri, pianti e altri guai...” (Nella mia traduzio-ne: Sírt-rítt, visított mind-mind kínban ottan.) Anche le alliterazioni sono importanti. La sintassi “selva selvaggia” Babits l’ha tradotta come “vad va-don”, io invece “rettentő rengeteg”. La strofa conclusiva del quinto canto, nell’originale: “e caddi, come corpo morto cade.” (Nella mia traduzione:

“...miként tetem terül talajra végleg.”). Nel quinto canto troviamo una del-le strofe più virtuosistiche di Dante. Scrive così deldel-le anime che gli girano attorno senza regole: “Di qua di là, di giù di sù li mena.” (Nella mia tradu-zione: “Ide-oda, ki-bé, le-föl dobálta /az orkán őket...”) Mentre leggiamo questa strofa giriamo la testa in ogni direzione, come se ci trovassimo in mezzo al viavai rappresentato, come se anche la nostra lingua si muovesse sù e giù nel recitare la strofa, perché le vocali alte e basse si alternano silla-bicamente.

Quando nel canto nono appare l’angelo, Dante fa crocchiare le lettere R come l’uragano rompe i rami:

Non altrimenti fatto che d’un vento impetuoso per li avversi ardori, che fier la selva, e senza alcun rattento li rami chianta, abbatte e porta fuori;

dinanzi polveroso va superbo, e fa fuggir le fiere e li pastori.

(Nella mia traduzione:

Olyan volt, mint mikor ropogva orkán születik hőségből s a rengetegre lezúdul hirtelen, mindent sodorván, ágakat szaggat, fákat dönt keresztbe, porfelleget kavar s az égre ver fel -fut pásztor s nyáj, előre menekedve,)

Anche questi pochi esempi dimostrano quanto la musica delle strofe di Dante sia eloquente. Non solo approfondisce, ma sottolinea, a volte anche completa il contenuto delle parole. Non è sorprendente che, dalle opere di un autore così musicale, abbiano tratto ispirazione numerosi composi-tori. La parte più ispirante è rappresentata dal canto quinto dell’Inferno, sappiamo di più di una dozzina di opere liriche, il cui titolo è Francesca da Rimini (oppure Paolo e Francesca), e tra queste le opere di Rachmaninov, Mancinelli e Zandonai sono spesso nel repertorio di vari teatri dell’opera.

Nell’Otello di Rossini un gondoliere veneziano canta le parole ormai afo-ristiche di Francesca (Nessun maggior dolore...), la barcarola nobile diven-terà poi un’aria. Čajkovskij racconta in una poesia sinfonica, per bocca di Desdemona, la tragedia degli innamorati assassinati, mentre anche Liszt le dedica delle note nella sonata e nella sinfonia di Dante. La geniale opera allegra di Puccini, dal titolo Gianni Schicchi, è nata da alcune righe del tren-tesimo canto dell’Inferno. Il videoballetto di Michel Portal e Carolyn Carl-son dal titolo Commedia rievoca l’Inferno dantesco. Nel 1921 Jenő Hubay ha composto una sinfonia sul testo della Vita Nuova. Anche i musicisti pop

sono stati ispirati da Dante: il gruppo Tangerine Dream ha pubblicato il cd Inferno nel 2002, il Purgatorio nel 2004 e il Paradiso nel 2006. Vorrei annunciare qui una notizia: con il compositore Péter Tóth, insignito del premio Erkel, stiamo scrivendo un oratorio dal titolo Inferno Divino.

Spero sarà degno dei precedenti.

(Università di Turku, Finlandia)

In document Italia Nostra (Pldal 162-167)