LE MINORANZE UNGHERESI NEGLI STATI SUCCESSORI

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LEGA PER LA REVISIONE DEL TRATTATO Dl TRIANON

LE MINORANZE

UNGHERESI NEGLI STATI SUCCESSORI

BUDAPEST, 1928

VITTORIO HORNYÁNSZKY, TIPOGRAFIA DI CORTE UNGHERESE.

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LA SITU A ZIO N E

DELLA MINORANZA UNGHERESE

IN ROMANIA.

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Sviluppo storico della Transilvania.

La Transilvania, parte orientale dell’Ungheria di prima della guerra, appartiene geograficamente alla regione dei Carpazi e forma un pianoro circondato ad oriente ed a meridione dall’alta catena dei Carpazi orientali, i quali, come una gigantesca muraglia, lo separano dal regno di Romania.

Ad occidente queste montagne non costituiscono una barriera tanto com­

pleta perché, essendo più basse, sono rese praticabili mediante le valli for­

mate dai fiumi che vanno a sfociare ad occidente nel Danubio. I versanti occidentali delle montagne vanno a perdersi nel Grande Bassopiano Unghe­

rese ad oriente del fiume Tibisco.

Il territorio della Transilvania di 102,181 chilometri quadrati fu attri­

buito dal trattato del Trianon al regno di Romania. Secondo il censimento ungherese dell’anno 1910, il numero degli abitanti della Transilvania era di 5.236,305, dei quali 2.800,000 romeni, 1.666,576 ungheresi, 553,626 tedeschi, slavi e 141,211 di altra nazionalità. Fra questi gli ungheresi formano non solo dei raggruppamenti più o meno importanti in riguardo alla lingua parlata, ma formano anche dei nuclei compattissimi. Tali nuclei sono densi spe­

cialmente nel territorio chiamato Székelyföld, dove, compatti abitano ben cinquecentornila ungheresi e che comprende i comitati (provincie) di Háromszék, Udvarhely, Csik e Marostorda.

Basta gettare uno sguardo sulla carta geografica dell’Ungheria di prima della guerra per persuadersi che i confini stabiliti dal trattato del Trianon non corrispondono affatto ai confini etnografici. Nuclei impor­

tantissimi di ungheresi, nell’immediata vicinanza di quelli che vivono entro i confini dell’Ungheria odierna, sono sottomessi alla dominazione straniera. Cosi, proprio lungo il confine, più di 400,000 ungheresi sono stati attribuiti alla Romania, insieme a città prettamente magiare come Nagyvárad, Arad e Szatmárnémeti. A partire dal secolo nono, epoca in cui tale territorio fu occupato dagli ungheresi, fino alla firma del trattato del Trianon, tale territorio faceva parte integrante dello stato magiaro.

Dal punto di vista storico ed intellettuale e da qualsiasi altro punto di vista, tale regione porta le impronte inconfondibili del popolo al quale appar­

tenne. Nessuna popolazione di origine straniera, fatta eccezione dei Sassoni della Transilvania, ha avuto mai nel suo sviluppo intellettuale ed economico tanta parte quanta ne hanno avuta gli ungheresi.

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I Sassoni furono chiamati ad abitare quella regione dai re della dinastia arpadiana alla metà del dodicesimo secolo. Fu loro accordata in quell’epoca un’autonomia nazionale che conservarono fino al 1848.

L’amministrazione politica del paese fu fondata sul sistema federativo ed uguale fu l’autonomia che godettero le tre nazionalità: ungheresi, székely e sassoni.

Dopo l’occupazione turca dell’Ungheria, alla metà del secolo XVI.

(1541), la Transilvania fu trasformata in un principato indipendente. Essa conservò intatte per ben centocinquant’anni (dal 1541 al 1691) le tradi­

zioni nazionali e politiche ungheresi e mantenne la propria indipendenza a dispetto degli attacchi dei turchi e di quelli degli Absburgo.

II Principato ebbe non solo una parte importante nella grande lotta tra i Turchi e gli Absburgo, ma rese grandi servizi alla civiltà europea partecipando attivamente ai movimenti in favore della libertà religiosa e costituzionale sotto il dominio dei Principi Bocskai, Gabriele Bethlen e Giorgio Rákóczg. Gli stati della Transilvania furono i primi a definire la libertà religiosa sul diritto ed a fondare uno stato basato su un’uguale tolleranza per tutte le chiese cristiane dell’occidente, e sull’autonomia di tre nazioni libere. Oltre a ciò anche la struttura politica ed amministrativa del paese fu basata sull’uguaglianza e sull’autonomia delle tre nazionalità, l’ungherese, la székely e la sassone, e la struttura reli­

giosa sulla libertà e sull’uguaglianza delle Chiese cattolica presbiteriana, luterana ed unitaria.

Verso la fine del secolo XVII., i transilvani si aggregarono volonta­

riamente alla corona magiara in virtù della sovranità dei re d’Unghe­

ria. In tale occasione, l’indipendenza delle organizzazione politiche ed ecclesiastiche fu garantita dal diploma ,,Leopoldinum“. Lo sviluppo politico del paese sotto il dominio degli Absburgo non fu dunque che un seguito alla politica del periodo precedente, con la differenza che il paese non poteva più svolgere una politica estera separata, nè adottarne una puramente nazionale, perchè, pur essendo un’entità indipendente, era subordinato agli interessi dell’impero degli Absburgo.

Durante tale periodo l’amministrazione del paese fu affidata al cosi­

detto „gubernium“. I poteri legislativi furono suddivisi tra una Dieta com­

posta dei rappresentanti delle tre nazionalità libere ed il re d’Ungheria che governava il paese col nome di Principe della Transilvania. Durante i centocinquant’anni che seguirono, la Transilvania fu una provincia auto­

noma dello stato ungherese, ma nel 1848 la sua antica costituzione fu abo­

lita ed il paese fu reincorporato al regno d’Ungheria.

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L’elemento romeno nell’antica Transilvania.

Secondo documenti incontestabili e secondo testimonianze storiche, fu soltanto nel XII. secolo che l’elemento romeno incominciò ad infiltrarsi nel paese, giungendo dai Balcani e dalla Moldavia. Codesto elemento prese a crescere a misura che i Turchi occupavano i Balcani, nel/corso dei secoli XIV. e XV., per poi estendere la loro sovranità sui voivodinati di Moldavia e di Valacchia.

I romeni si stabilirono sulle regioni montagnose e condussero una vita nomade e pastorale. Essi non furono punto agricoltori, evitarono le città, ed essendo d’un livello intellettualmente ed economicamente inferiore al resto della popolazione, non poterono essere ammessi al medesimo grado delle altre tre nazionalità politicamente libere.

Nei secoli XVI. e XVII. i principi della Transilvania tentarono di famigliarizzarli con la vita agricola e rurale e di convertirli al protestan­

tesimo per far di loro un elemento utile allo stato. Coloro che avevano servito nell’armata e si erano distinti per il loro servizio militare, non mancarono di essere rimeritati con debiti avanzamenti. Essi furono anche ammessi ai ranghi della nobiltà ungherese. Per ordine dei principi, la lingua romena fu adottata al posto della slava quale lingua della liturgia ortodossa.

Al principio del secolo XVIII gli Absburgo, disponenti di forze materiali e spirituali più estese, fecero la prova con migliori risultati rispetto a quello conseguiti dai principi di Transilvania.

Essi riuscirono a guadagnarsi i romeni di Transilvania per un’unione con la chiesa cattolica ed il risultato concreto ne fu l’organizza­

zione della chiesa greco-cattolica.

Per mezzo di tale chiesa, i romeni furono posti a contatto con Roma e con la coltura occidentale. Da qui è nata la leggenda della loro origine latina.

La coscienza nazionale nascente prese corpo ed la popolazione romena do­

mandò di essere ammessa quale quarta tra le nazionalità libere della Tran­

silvania.

Nella seconda metà del XVIII. secolo, i romeni vennero a formare già una piccola maggioranza della popolazione della Transilvania in seguito alla forte immigrazione dai due principati romeni, manifestatasi in seguito all’amministrazione corrotta ed incredibilmente severa dei governanti cosi­

detti fanarioti. Codesta immigrazione fu tanto considerevole da mettere in pericolo la causa dell’unione religiosa con Roma, essendo riusciti i romeni ortodossi a raggiungere una maggioranza sui greco-cattolici: ecco perchè gli stati transilvani garantirono nel 1791, la libertà della fede ortodossa e perchè fu permessa l’organizzazione di un vescovato ortodosso.

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Nel corso del XIX. secolo le aspirazioni politiche dei capi romeni presero corpo, ma esse si limitarono a chiedere il riconoscimento dei romeni quale quarta nazione dentro il paese. Fu data soddisfazione a tale richiesta dalla legislazione ungherese che nel 1848 abolì i tre stati e proclamò l’uguaglianza di tutte le nazionalità, garantendo loro la libertà costi­

tuzionale.

Il parlamento ungherese nel 1867 elargì delle altre misure liberali.

Esso riconobbe formalmente le nazionalità e garantì i loro diritti politici codificandoli. L ’„Atto delle nazionalità“ è un vero modello di misure legislative in materia di diritti delle minoranze. I romeni non ne furono però soddisfatti, non tanto perchè le misure prese fossero considerate insuf­

ficienti, quanto piuttosto in causa al cambiamento subentrato nelle relazioni tra i due principati romeni e l’impero turco.

Nel 1859 avvenne l’unione personale dei due principati e nel 1861 lo stato romeno fu fondato con il consenso delle grandi potenze. Nel 1878 il congresso di Berlino riconobbe la sua indipendenza e tre anni più tardi il paese divenne regno. Codesti successi seguitisi rapidamente produssero un forte movimento irredentista che aveva Io scopo di unire tutti i romeni in un unico stato nazionale. I romeni della Transilvania si unirono avida­

mente al movimento, senza però farne tuttavia un programma politico ben definito nei suoi dettagli.

Prima della guerra, il programma politico dei romeni d’Ungheria non andava più oltre di una richiesta di trasformare l’Ungheria, ossia la Monarchia austro-ungarica in uno stato federale, basato sull’uguaglianza delle differenti nazionalità.

Ma nel regno di Romania gli irredentisti reclamarono a voce sempre più alta il completo distacco dei territori ungheresi abitati da romeni e la loro unione alla Romania non appena si sarebbe presentata l’occasione favorevole, fosse essa una crisi come una guerra europea. Il momento giunse nel 1916 allorché la Romania dichiarò la guerra alla Monarchia austro- ungarica sollevando il pretesto che essa non poteva tollerare più oltre l’oppressione dell’elemento romeno sotto l’amministrazione ungherese. La conferenza di Parigi fece di tale richiesta un diritto e col pretesto di liberare le nazionalità, smembrò l’Ungheria.

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Il governo romeno non rispetta gli obblighi impostigli dal Trattato per le Minoranze, legge fondamentale dello Stato.

La situazione legale e politica delle minoranze transilvane fu regolata con la conclusione del trattato di Parigi del 9 dicembre 1919, l’articolo 1. del quale dice quanto segue:

„La Romania s ’impegna a riconoscere quali leggi fondam entali gli accordi conte­

nuti negli articoli 2 ed 8 del presente capitolo in maniera che nessun regolam ento, nè alcuna azione ufficiali siano in contraddizione o contrarii agli accordi ed in maniera che nessuna legge, nessun regolamento nè alcuna azione ufficiale abbiano validità

«ontro di essi."

Ora, i romeni di Transilvania si riunirono il primo dicembre 1918 a Gyulafehérvár e, dopo di aver dichiarata l’annessione della Transilvania alla Romania, proclamarono i diritti delle minoranze nei seguenti termini:

„ ( I I I ) . . . L’Assemblea dichiara fondam entali i seguenti principii del nuovo stato transilvano:

(1) La completa libertà nazionale è garantita ai popoli abitanti la Transilvania.

Ciascun popolo si governerà e definirà l’amministrazione e la costituzione proprie nella propria lingua per mezzo di persone della medesima nazionalità. Ciascun popolo avrà il diritto di una rappresentanza legislativa e di prender parte all’amministrazione del paese in proporzione al numero di anime componenti il rispettivo popolo.

(2) L’uguaglianza e la libertà completa di autonom ia religiosa sono garantite per tutte le popolazioni dello Stato."

La nuova costituzione romena porta la data del 23 marzo 1923. Fino a quell’epoca il parlamento romeno aveva avuto largamente il tempo e l’occasione di incorporare tra le sue leggi le disposizioni del trattato rela­

tivo ai diritti delle minoranze, ma invece questo non fu preso in conside­

razione. Il testo dell’articolo 1. della nuova costituzione dimostra chiara­

mente che il parlamento non aveva alcuna intenzione di riconoscere i diritti delle minoranze. L’articolo 5 dice testualmente: „I Romeni senza di­

stinzione di razza, di lingua e di religione usufruiranno delle libertà di co­

scienza, d’educazione, di stampa, del diritto di riunione e di associazione e di tutte le libertà e diritti stabiliti dalla legge".

Le parole „senza distinzione di razza, di lingua e di religione" non si trovano nel testo originale dell’articolo in questione. Esse furono inserite più tardi dal comitato costituzionale allo scopo di soddisfare i rappresen­

tanti delle minoranze i quali chiesero che le parole „cittadini romeni" sosti­

tuissero la parola „romeni", che significava una completa negligenza nei riguardi delle minoranze.

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In una delle sedute della Camera dei deputati nel gennaio del 1923, Bratianu, Presidente del Consiglio, dichiarò che la costituzione non aveva bisogno di menzionare specificatamente le lingue delle minoranze, perchè l’uso di dette lingue sarebbe stato regolato da una legge a parte. Ebbene, nessuna legge di questo genere fu mai presentata al parlamento.

Quanto alle decisioni prese a Gyulafehérvár, a quanto dicono le autorità legali romene, non furono ammesse ad aver forza di leggi per il fatto che la Transilvania non era stata unita alla Romania in seguito alle decisioni di Gyulafehérvár, ma in seguito alla sua occupazione militare. Ne derivò quindi che i diritti delle minoranze non si trovano iscritti nel codice della Romania.

La situazione politica delle minoranze.

La legge elettorale romena stabilisce che ogni 50,000 abitanti debba eleggersi un deputato ed ogni 100,000 abitanti un senatore al parlamento.

Siccome il numero degli ungheresi della Romania, secondo le statistiche romene, viene ad essere all’incirca di 1.500,000 essi dovrebbero avere diritto a 30 seggi alla Camera dei deputati e 15 al Senato.

Le prime elezioni generali in Transilvania nel dopoguerra ebbero luogo nel 1920, vale a dire prima della ratifica del trattato del Trianon. Gli ungheresi non parteciparono a queste elezioni. Secondo la legge inter­

nazionale, la Transilvania formava ancora parte del territorio ungherese e gli Ungheresi godevano ancora tutti i loro diritti di cittadini ungheresi.

Ed appunto perciò essi non ritennero nè legale, nè corretta cosa parteci­

pare alle elezioni romene. Le autorità romene si servirono di tale decisione per escludere a migliaia gli elettori ungheresi dalle liste elettorali.

Prima delle elezioni generali del 1922, alle quali gli ungheresi parte­

ciparono per la prima volta, i capi del partito ungherese pretesero la retti­

fica delle liste elettorali, ma il ministro di stato romeno si rifiutò netta­

mente di aderire ad una richiesta di tal genere.

Risultato di tali elezioni si fu che riuscirono eletti un solo deputato e tre senatori ungheresi. Più tardi, alle elezioni supplettive furono eletti altri tre deputati ungheresi al parlamento romeno.

Le elezioni si svolsero in condizioni e con metodi di corruzione ormai noti in tutto il mondo. Le relazioni parlamentari della legislatura romena presentano numerosi tali casi di corruzione e di illegalità ufficiali. Gli elettori delle minoranze furono ostacolati nelle votazioni, furono respinte illegalmente le liste dei candidati, e le liste di scrutinio dei partiti dell’oppo­

sizione furono distrutte o falsificate.

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Alle ultime elezioni, nel 1927, allorché il Presidente del Consiglio Bratianu si trovava ancora al potere, gli ungheresi si allearono alle altre minoranze e precisamente ai tedeschi di Transilvania: in tal modo venne formato il blocco elettorale delle minoranze.

Il Governo di Bratianu si gettò su tale blocco con tutta la forza del suo potere. Il terrore e la corruzione dominarono sovrani i distretti unghe­

resi e specialmente i quattro comitati dello Székely ove il governo trovò sempre il mezzo per abbattere quasi tutti i candidati ungheresi. Fu fatta eccezione solamente per il comitato di Csik.

Si ebbe per risultato l’elezione di soli otto deputati alla Camera ed uno solo al Senato.

Nel commentare le elezioni in questione noi non ci soffermiamo a citare l’ordinanza segreta, emanata dal generale Davidoglu, comandante in capo della gendarmeria, ai comandanti delle sezioni dei varii distretti, perchè essa fu pubblicata a suo tempo sulla stampa da Madgearu segretario del partito nazionale dei contadini. Essa contiene le seguenti disposizioni:

1. Le comunicazioni libere e la propaganda sono proibite per due o tre giorni prima della data delle elezioni.

2. Si impedirà ai candidati ed agli agitatori dell’opposizione di prendere il loro posto nelle commissioni elettorali ed in caso di bisogno essi saranno arrestati.

3. Agli elettori sospetti di simpatia per l'opposizione sarà impedito di avvicinarsi agli uffici di scrutinio e, qualora questo fosse preveduto, le vie che conducono alla città od ai rispettivi villaggi, saranno sorvegliate dai gendarmi. Nel caso che se ne presenti il bisogno gli elettori dei villaggi saranno radunati e controllati dal notaio, dal prete romeno o dal capo del villaggio i quali avranno l ’obbligo di impedire loro di votare. I capi dei villaggi sospetti di avere delle simpatie per l’opposizione dovranno essere rimpiazzati da persone di fiducia.

Le minoranze ungheresi ostacolate nell’uso delle loro libertà personali e civili.

All’epoca dell’occupazione della Transilvania da parte dell’armata romena, nei primi mesi del 1919, fu promulgata la legge marziale in tutto il paese. La legge marziale fu mantenuta in vigore fino alla primavera del 1921 e in quell’epoca fu sospesa ovunque, ad eccezione dei dintorni della frontiera occidentale. Ciò nondimeno essa poteva essere rimessa in vigore dal semplice ordine di un generale di divisione.

Codesta situazione molto simile ad un regolare stato d’assedio osta­

colò a lungo l’organizzazione del partito nazionale ungherese. Ma anche

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nei comitati (provincie), nei quali la legge marziale era stata abolita era quanto mai difficile l’organizzazione sociale e politica delle minoranze, causa ogni specie di interventi deiramministrazione e della polizia.

Si possono menzionare come veramente tipiche le cosidette „liste nere“

che vengono redatte nella seguente maniera:

In ciascun comitato (provincia) la polizia politica segreta fa una coscrizione dei nomi degli ungheresi politicamente sospetti. La lista poi è sottoposta all’esame dell’Ufficio investigazione dello Stato Maggiore di Bucarest. Per ordine di tale ufficio, l’ungherese sospetto viene chiamato alla polizia del suo distretto, ove gli si comunica che il suo nome è compreso nella „lista nera" e che nel caso della minima prova di agitazione sleale contro lo stato o contro la dinastia, egli sarà considerato ostaggio ed anche arrestato qualora si dovesse notare da parte sua anche la minima tendenza o partecipazione a movimenti irredentistici o rivoluzionarii.

Anche la libertà d’associazione delle minoranze è ridotta ai minimi termini.

Gli ungheresi avevano in Transilvania una ricca ed importante isti­

tuzione nota col nome di „Associazione di Cultura Ungherese in Transil- vania“. Ora, immediatamente dopo l’occupazione militare, tale associazione dovette essere sciolta per ordine del governo romeno. I suoi beni furono posti sotto sequestro, le scuole che l’Associazione aveva fondate furono requisite e trasformate in scuole romene e per di più furono chiuse 257 biblioteche che comprendevano più di 300,000 volumi.

Più tardi la Corte di Giustizia romena dichiarava che l’associazione ungherese di coltura in Transilvania non era che un’entità giuridica inoffensiva. In base a tale sentenza del tribunale, il Governo romeno ordinò la revisione degli statuti dell’Associazione, ma finora ad essa non è stata data la concessione per la ripresa della sua attività.

L’„Associazione Transilvana dei Musei“ era l’istituto scientifico per eccellenza degli ungheresi ed era dotato di una ricca biblioteca e di impor­

tanti collezioni. Tanto la biblioteca che le collezioni furono requisite e donate all’Università romena di Kolozsvár. Nel medesimo tempo l’attività dell’Associazione fu sospesa ed il Governo di Bucarest si rifiutò di con­

fermare l’elezione del nuovo presidente pur essendo stati modificati gli statuti dell’associazione secondo i desideri espressi dallo stesso governo e dalle autorità.

Oltre a queste due grandi istituzioni gli ungheresi di Transilvania avevano numerosissime altre associazioni di coltura e di scienza di minore importanza, ma fino ad oggi il Governo di Bucarest si è ben guardato dal riconoscerle quali enti giuridici. Mancando la loro posizione legale ben definita, esse non sono che semplicemente tollerate dall’amministrazione, e non godono alcune difesa da parte delle leggi dello stato.

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La questione delle lingue.

L’articolo 8 del Tratto del Trianon dice quanto segue:

„Non tarà stabilita alcuna restrizione circa il libero uso di qualsiasi lingua per tutti i cittadini romeni sia nelle relazioni private che comm erciali, sia in materia di religione, di stampa, di pubblicazioni di qualsiasi natura, sia ancora nelle riunioni pubbliche.

Nonostante le disposizioni esistenti relativamente alla lingua ufficiale stabilita dal Governo romeno, saranno concesse delle ragionevoli facilitazioni ai romeni di altra lingua circa l’uso della loro lingua sia oralmente che per iscritto innanzi ai tribunali".

In virtù dell’ordinanza numero I. del „Consiglio Direttivo" al quale fu affidata l’amministrazione della Transilvania nel primo anno dell’occu­

pazione, il romeno divenne la lingua ufficiale del paese e l’uso delle lingue delle minoranze fu accordato conformemente alla stipulazione delI)’Atto Ungherese per l’Uguaglianza delle Nazionalità, ma solamente in teoria e non in pratica. Una susseguente ordinanza del medesimo „Consiglio diret­

tivo" (numero 121/1919) rese esclusivamente la lingua romena lingua ufficiale per le questioni relative all’amministrazione della giustizia, proi­

bendo contemporaneamente in modo assoluto l’uso dell’Ungherese.

Nel 1922, Florescu, Ministro della Giustizia nel Gabinetto di Bratianu, fece un giro d’ispezione dei tribunali della Transilvania e licenziò imme­

diatamente tutti i giudici ungheresi che non avevano bastevoli cognizioni di lingua romena. „E’cosa più importante per un giudice — dichiarò in quell’occasione — sapere il romeno che non comprendere la lingua delle parti ed essere al corrente dei principii delle leggi regionali."

Nel medesimo tempo si iniziò effettivamente la romenizzazione dell’amministrazione. Tutti gli impiegati e funzionarii che non avevano perfetta conoscenza del romeno furono licenziati. Si proibì ai funzionarii di parlare tra di loro l’ungherese. Nel 1921 il direttore delle Ferrovie dello Stato emanò un ordine che proibiva ai funzionarii di dare delle informa­

zioni ai viaggiatori in lingue diverse da quella romena. Proibì l’uso dell’ungherese, il quale, secondo lui, costituiva „un’offesa al prestigio dello stato, dato che si aveva l’impressione che la Romania fosse uno stato co­

smopolita e non uno stato nazionale".

Fu ordinato alle imprese industriali, alle banche ed alla società ano­

nime e per azioni di tenere i loro libri e le loro contabilità solamente in romeno a partire dal 1 ottobre 1921. Si proibì loro di adoperare per la loro corrispondenza della carta da lettere e delle buste con le diciture in lingua ungherese. Sui negozi furono tollerate solamente le insegne in lingua romena. Furono colpite dalle imposte le più fantastiche i negozianti che

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s’ostinarono a mantenere le iscrizioni e le diciture in ungherese. I nomi delle città e dei villaggi ungheresi furono trasformati in nomi romeni ed alle vie furono dati i nomi di romeni sconosciuti o di parole senza significato alcuno, pur che non potessero vantarsi di avere un nome magiaro. In tal modo l’amministrazione si sforzava di dare un aspetto romeno alle città come un primo passo verso la romenizzazione della popolazione, rome- nizzazione che finì col diventare uno scopo apertamente dichiarato della politica romena in Transilvania. Nella „Fortnightly Review“ dell’agosto del 1927, Dudley Heathcote scrisse che Bratianu gli aveva dichiarato che per un migliaio d’anni gli ungheresi avevano fatto ogni sforzo per assimilare il popolo romeno e far si che le città della Transilvania divenissero una copia esatta delle città ungheresi. La politica romena ora si propone di distruggere in tutti i modi ed in ogni senso tale opera. „Se voi verrete a Kolozsvár tra dieci anni — gli disse il Presidente del Con­

siglio romeno — vi assicuro che non vi troverete più delle minoranze ungheresi. Sono convinto che tra dieci anni la popolazione ungherese della Transilvania conterà un numero molto minore di anime.11

Come le statistiche svolgono la loro opera di romenizzazione.

In tutti i paesi civili i singoli cittadini hanno il diritto di decidere a quale nazionalità ed a quale razza desiderano appartenere. Questo non è posssibile in Romania: tanto le autorità politiche che quelle amministra­

tive violano spessissimo questo diritto dei cittadini ungheresi di Romania.

L'articolo 8 relativo all’educazione elementare dello Stato prescrive che ,,i genitori di origine romena, i quali hanno perduta la loro lingua materna (ossia la romena) non possono inviare i loro figlioli che ad una scuola dello Stato oppure ad una scuola privata ove l’istruzione è svolta in lingua romena".

Nei territori ex ungheresi, ora annessi alla Romania vi sono circa 40 o 50 mila ungheresi di religione greco-cattolica e 20 mila di culto greco-ortodosso, il 10% dei quali parla il romeno. Codesti ungheresi romeni sono considerati, secondo Io spirito della detta legge, quali cittadini di origine romena che hanno perduto l’uso della loro lingua per cause esteriori, la riromenizzazione dei quali deve essere considerata la chiave di volta della politica romena relativa all’istruzione pubblica. La statistica incorpora semplicemente i dati dell’anno 1920 a quelli sulla popolazione di razza romena.

Le autorità scolastiche poi vanno anche più oltre.

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I fanciulli, che hanno un nome di suono non prettamente magiaro, sono dichiarati romeni e quindi è proibito loro di iscriversi alle scuole elementari ungheresi. Soltanto coloro che possono dimostrare innanzi a due testi o per mezzo di un documento incontestabile che la loro parentela ed i loro genitori sono ungheresi da due generazioni, possono mantenere la loro nazionalità ungherese. Di modo che durante il censimento del 1927 le persone dovevano non solo dettare la loro nazionalità, ma anche la razza dalla quale si consideravano derivanti, la cosidetta „originea etnica*4. Si giunse fino al punto da stabilire l’origine etnica dei fanciulli ungheresi dalla loro fisionomia. In tal modo i fanciuli dai capelli biondi e dagli occhi azzurri furono considerati tedeschi.

Le cifre del detto censimento sono nella maggior parte arbitrarie, dato che sono combinate in modo da dimostrare una grande densità della popolazione romena di quei territori di fronte ad una minore popo­

lazione composta dalle minoranze. Molte volte avviene che le cifre delle singole rubriche, sommate, danno un risultato diverso da quello stam­

pato come totale. Le stesse statistiche presentano una diminuzione della popolazione ungherese: le 1.660,000 di anime del 1910 diventano 1.325,000 nel 1927.

Emilio D. B. Vasiliu, studioso romeno di statistica, constata, in una sua recente opera, intitolata „La situazione demografica della Romania44 che il problema delle minoranze deve essere considerato il problema più importante della Romania odierna. „Ma — aggiunge egli nella sua opera — l’opinione pubblica a questo proposito ha delle idee molto false.

La causa va ricercata nel fatto che le autorità cercano di nascondere la verità. L’errore più grave dei metodi seguiti dalla statistica romena consiste nel fatto che essa è priva assolutamente di buona fede. Il diret­

tore dell’Istituto di Statistica ha creato una nuova scuola, nella quale si insegnano i metodi coi quali si giunge ai dati statistici falsi e privi di base reale.44

L’amministrazione romena non fu contenta però di tali sotterfugi.

I romeni sono in minoranza decisa ed assoluta nelle città della Tran- silvania. Per cambiare tale stato di cose, il Governo ricorse ad un sistema, in base al quale in tutte le città del paese furono requisite case ed abi­

tazioni. La prima ordinanza a questo proposito fu pubblicata dal „Con- siliu Dirigent14 nel luglio del 1919, la seguente un anno più tardi. In base alle disposizioni di tali decreti tutte le persone che giunsero in Transilvania dopo il 1 agosto 1914 e sono prive di stabile dimora, saranno considerate straniere e saranno obbligate non solo a cedere le loro abi­

tazione, ma ad abbandonare immediatamente il paese. Più tardi venne aggiunta una clausola, secondo la quale „coloro che in inscritto o a voce o con i loro atti dimostreranno di non avere l’inten­

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zione di divenire cittadini romeni" saranno considerati elementi poco desiderati e perciò potranno essere anche espulsi. I funzionarli quindi che si erano rifiutati di prestar servizio sotto il nuovo regime furono con­

siderati stranieri.

Le autorità applicarono le disposizione dell’ordinanza con tale vigore che, secondo la relazione dell’Ufficio Romeno per il Rimpatrio, ben 200,000 persone appartenenti alla minoranza ungherese della Tran- silvania abbandonarono il territorio ceduto alla Romania.

Gli abusi nelle scuole.

L’articolo 10 del trattato del Trianon prescrive che ,,I1 Governo romeno accorderà nelle città o nei distretti ove risiede in considerevole propor­

zione della popolazione di lingua diversa da quella romena, delle „con­

venienti facilitazioni per assicurare che nelle scuole elementari l’istru­

zione si svolga, nella loro propria lingua, ai figli di codesti citta­

dini romeni".

L’articolo 9 del medesimo trattato stabilisce che ,,i cittadini romeni appartenenti a delle minoranze etniche, sia per religione che per lingua, godranno il medesimo trattamento e le medisime garanzie di diritto e di fatto degli altri cittadini romeni. Essi avranno precisamente uguale diritto a creare, dirigere e controllare a loro beneplacito istituzioni di carità, religiose o sociali, scuole ed altri istituti d’educazione col diritto di fare libaremente uso della loro lingua e di praticare liberamente la loro religione . . . "

Oltre a ciò l’articolo 11 dice: „La Romania accorda volentieri sotto il controllo dello Stato, alle comunità degli Székely e dei Sassoni in Tran- silvania l’autonomia locale per ciò che concerne le questioni religiose e scolastiche".

Questi articoli dunque del trattato di pace riservavano alle mino­

ranze di Romania i medesimi diritti che godettero le minoranze in Unghe­

ria prima della guerra. Sotto il Governo ungherese i romeni avevano l’autorizzazione di mantenere delle scuole confessionali comunali e private, che avevano esattamente i medesimi diritti delle scuole dello Stato unghe­

resi. Queste scuole ebbero anche, in caso di bisogno, degli appoggi da parte del Governo, e dello Stato.

Nel 1919, immediatamente dopo l’occupazione, il Governo romeno prese in sue mani ed iniziò la romanizzazione di tutte le scuole dello Stato ungheresi, a cominciare dalle Università fino ai giardini infantili. Furono requisiti anche gli edifici scolastici che erano di pro­

prietà delle chiese. Codeste scuole furono offerte al Governo unghe­

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rese, ma alla condizione che in esse fosse abolito immediatamente l’in ­ segnamento in lingua ungherese. Solamente in tal caso il governo romeno si dichiarò disposto a ritornare gli edifici ai loro proprietarii originarii che in questo caso erano le varie comunità religiose della Transilvania.

Sul principio tali comunità religiose sostituirono le scuole requisite con delle nuove e qualche anno dopo difatti il numero delle scuole pri­

marie era effettivamente maggiore di prima dell’occupazione romena.

Nel 1918 si contavano in Romania 428 scuole, nel 1920 il loro numero sali a 895. Il Goverano romeno si vanta di queste cifre che derivano invece dai sudori delle minoranze. Ma di li a cinque anni il loro numero scese a 647 e continua a discendere sempre.

Una vera autorità in materia scolastica romena, M. O. Prie, ex sotto- segretario di Stato all’Istruzione in Transilvania, pubblicò un articolo nella rivista „Tara Noastra" col titolo: „Gli ungheresi hanno troppe scuole". Egli in questo articolo diceva effettivamente che gli ungheresi avevano troppe scuole e che esse quindi andavano ridotte di numero. Il miglior mezzo per giungere a tale risultato, scriveva, sarebbe quello di negare loro l’appoggio dello Stato. In tal caso le scuole ungheresi riu­

scirebbero difficilmente a mantenersi, considerato che gli ungheresi non hanno mezzi sufficienti a loro disposizione per questi scopi. Le loro scuole quindi lentamente andrebbero scomparendo e cederebbero il posto alle scuole dello Stato.

L’attività di Anghelescu, Ministro della Pubblica Istruzione nel Gabi­

netto di Bratianu, si rilevò efficacissima. Egli cercò di soffocare la pos­

sibilità di vita e di esistenza delle scuole ungheresi dapprima mediante ordinanze e poi per mezzo di due misure legislative che vanno men­

zionate.

Fra le varie disposizioni contrarie agli interessi delle minoranze si trovano anche le seguenti:

L’articolo 8 della legge sull’istruzione elementare dello Stato pre­

scrive che ,,i genitori di origine romena che hanno dimenticato la loro lingua materna hanno l’obbligo di mandare i loro figli alla scuola nazio­

nale ove l’istruzione è svolta in lingua romena".

L’articolo 159 ci dà un esempio veramente sorprendente delle ten­

denze che manifesta a questo proposito la legislazione romena. Esso sta­

bilisce che le regioni, nelle quali gli ungheresi formano dei nuclei omo­

genei saranno considerate „zone di cultura" e che quelli tra i maestri che desiderassero recarvisi per farvi „opera di cultura e nazionale" più accen­

tuata — cosi dice la pratica — avranno un trattamento migliore con un relativo aumento del 50% suelle competenze rispettivamente a quelle degli altri maestri del regno. Il loro avanzamento di servizio sarà favorito e quelli tra i maestri che intendessero stabilirsi definitivamente in qual-

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cuna di quelle zone, riceveranno, oltre al detto trattamento di favore, anche dieci ettari di terreno.

L’articolo 7 dice quanto segue: „Nei distretti mistilingui, il Ministro della Pubblica Istruzione può fondare delle scuole, nelle quali l’insegna­

mento sarà svolto nella lingua della rispettiva popolazione nelle quattro classi inferiori. Ma la lingua romena è obbligatoria. Si ha l’obbligo d i ­ segnarla con un orario che sarà stabilito separatamente dall’ordinanza.

Nelle classi superiori l’insegnamento sarà svolto in lingua romena. Sia la bibbia che la lingua nazionale saranno insegnate nella lingua della rispet­

tiva popolazione".

I suddetti maestri, godenti il trattamento di favore, sono impiegati nelle scuole dello Stato, nelle quali la lingua d’insegnamento è l’ungherese. La relazione dell’ispettore capo della provincia di Marostorda dà un quadro esatto della situazione venutasi a creare in seguito a tali provvedimenti: „Le esperienze dell’ultimo anno — dice la relazione — dimostrano l’errore che si commette con la nomina di tali maestri. I villaggi, nei quali neanche un’anima conosce il romeno, eccettuati forse il notaio ed il gendarme, ebbero dei maestri che non avevano mai sentito in vita loro una parola d’ungherese e che ignoravano completamente le abitudini e la mentalità del popolo in mezzo al quale essi avevano il compito di svolgere la loro attività. I più coscienziosi tra di loro si dimenarono come dei pesci fuor d’acqua per cercar di farsi comprendere, ma alla fine furono costretti a dichiarare che non avevano la possibilità di far nulla: i fanciulli non conoscevano il romeno."

Immaginarsi il valore che può essere dato ad un’istruzione di questo genere.

Le offese più enormi e più madornali che derivano e sono contemplate nell’Atto relativo all’Istruzione privata sono le seguenti:

La fondazione di una scuola delle minoranze dipende da un permesso speciale che deve essere dato dal Ministro della Pubblica Istruzione, per­

messo però che contiene delle disposizioni ben difficili ad essere applicate e mantenute. Il numero degli scolari per ciascuna classe non può essere minore di venti. Per le scuole dello Stato non esiste alcuna disposizione di questo genere. Le minoranze non possono fondare delle università, nè delle scuole normali per l’istruzione dei maestri. Tutti i maestri delle minoranze devono provvedersi di un permesso speciale del Ministro della Pubblica Istruzione prima di poter insegnare in qualche scuola fondata dalle singole comunità religiose, E’proibito agli allievi di frequentare scuole di denomina­

zione diversa da quella alla quale appartengono. La lingua ungherese è esclusa dalle scuole ebraiche. In queste scuole l’istruzione deve essere svolta o in romeno oppure in ebraico. Nelle scuole mantenute dagli ordini religiosi cattolici, la lingua d’insegnamento deve essere quella romena, per quanto

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in Transilvania non vi siano dei romeni di religione cattolica, ma solamente degli ungheresi e dei tedeschi.

Il diritto di pubblicità non è dato alle scuole private se non in quanto queste si adattano completamente ai regolamenti in vigore per le scuole dello stato e si pongono completamente sulla base di queste. La lingua romena, la letteratura, la geografìa, la storia e la costituzione devono essere insegnate in romeno.

Le scuole delle singole sette che non si sottomettono a tali condizioni, perdono il privilegio della pubblicità e non hanno il diritto di rilasciare delle pagelle agli scolari. In casi gravi (?) esse possono essere anche chiuse.

Vi è un’altra cosa ancora che non conviene passare sotto silenzio: la questione dei gradi delle diverse scuole.

Sotto la dominazione ungherese, gli scolari che avevano compiuto le otto classi di una scuola media, si dovevano presentare, per l’esame finale, innanzi ad una commissione composta dai loro insegnanti e da un rappre­

sentante del Ministro della Pubblica Istruzione. Tale sistema fu mantenuto fino al 1924—1925, anno in cui furono introdotti i cosidetti esami del

„baccalaureato11.

Gli scolari non subiscono più l’esame innanzi ai proprii insegnanti, ma innanzi ad una commissione nominata dal Ministro e composta da inse­

gnanti di tutte le scuole del paese. Il presidente della commissione deve essere un professore d’università e l’esame si deve svolgere in romeno. Nella maggior parte dei casi i membri della commissione non comprendono la lingua dell’allievo, appartenente alla minoranza. Gli scopi di tali esami furono ben definiti nel modo seguente dall’ex Presidente del Consiglio Vajda- Vojvoda: „La questione del „numerus clausus11 da noi è risolta e precisa- mente in un modo molto geniale. Anghelescu. ha avuto l’idea di escludere la minoranza degli studenti ebraici dall’Università se per un caso qualunque essi dimostrassero di non conoscere la data della nascita del poeta Creanga o se essi non fossero abbastanza al corrente circa i legami che correvano tra Eminescu e Veronica Mikle“.

Lo sviluppo della politica scolastica del Governo romeno è dimostrata nel migliore dei modi per mezzo dei numeri che si trovano a pagina 20 del presente fascicolo.

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Gli oltraggi alle chiese delle minoranze.

L’articolo 22 della costituzione definisce nei seguenti termini le rela­

zioni delle diverse Chiese:

„La libertà di coscienza è assoluta. Lo Stato garantisce a tutti i culti la libertà e la protezione in quanto la loro attività non sia incom patibile con l’ordine pubblico, la morale e le leggi dello Stato stesso. Le Chiese ortodosse e quelle greco-cattoliche sono chiese romene; la religione romena ortodossa essendo la religione della grande maggioranza dei romeni è considerata la Chiesa dominante dello Stato. La chiesa greco-cattolica ha la precedenza su tutti gli altri culti."

Questo articolo dimostra chiaramente che la posizione delle confessioni in Romania non è uguale, dato che le chiese delle minoranze sono piazzate ad un livello più basso di quello delle due chiese romene. L’articolo dimostra inoltre che in Romania vi sono due specie di chiese: le chiese romene nazio­

nali propriamente dette ed i culti delle minoranze, avendo naturalmente la Chiesa ortodossa tra questi ultimi ha precedenza. Secondo il concetto romeno, le Chiese delle minoranze, vale a dire la Chiesa cattolica, presbite­

riana e unitaria non sono delle „Chiese", ma sono semplicemente delle confessioni.

L’ineguaglianza tra le chiese è dimostrata ancora dalla disposizione, secondo la quale i vescovi delle due Chiese romene devono far parte del Senato, mentre i vescovi delle chiese delle minoranze non hanno tale privilegio se non nel caso che la loro comunità sia composta da più di 200,000 membri. Ne segue che la Chiesa unitaria che ha meno di 200,000 membri in Transilvania ha perduto tale privilegio e quindi il solo vescovo unitario del mondo si trova privato del suo seggio al Senato romeno.

Il maggiore oltraggio alle Chiese delle minoranze è arrecato però dalla clausola della Legge agraria che esige l’espropriazione dei beni delle Chiese secondo i medesimi metodi che vengono applicati per quelli privati.

In seguito all’espropriazione delle loro terre, le Chiese sono prive dei mezzi di mantenimento e si trovano quindi nell’impossibilità di svolgere le loro funzioni religiose e quelle relative all’istruzione.

Secondo la legge agricola, le terre sorpassanti i 200 agre degli arcives­

covi e quelle sorpassanti i 100 agri dei vescovi, sono considerate espropriate.

I beni delle parrocchie sono esenti dall’espropriazione nelle seguenti misure:

32 jugeri al sacerdote, 8 jugeri al sacrestano, 10 jugeri per il mantenimento della chiesa e 16 jugeri per le scuole. Gli orfanotrofi e le altre istituzioni di carità hanno il diritto di possedere 30 jugeri. La disposizione secondo la quale le parrocchie che hanno meno di 300 membri e per le chiese subordi­

nate le parrocchie che hanno meno di 100 membri, perdono tutti i loro beni, è anche una straordinaria ingiustizia. Siccome sono numerose le par-

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Le Scuole delle minoranze negli anni 1919—1924.

Scuole Scuole Scuole Scuole Scuole

elementari Reali medie commerciali magistrali Secondo il rapporto del Ministero

degli Affari Esteri alla Società delle Nazioni, No 12.234—923, il Governo

romeno prese in consegna nel 1919: 5,342 117 66 23 35

Mantenute :

dallo S t a t o ... 1,633 79 28 21 6 dalla Chiesa c a t t o l i c a ... 383 25 13 1 15

. p r e s b it e r ia n a ... 322 3 2 3

u n ita r ia ... 25

, luterana ... 8

e b r a i c a ... 32 2

T o t a le ... 2,434 109 43 22 24

Numero delle scuole trasformate in

r o m e n e ... 1,663 79 28 21 6 Numero delle scuole delle minoranze

fondate un altra volta :

C a tto lich e... 109 23 4 3 1 P r e s b it e r ia n e ... 402 16 4 3 3 U n itarie... 59 1 L u t e r a n e ... 11 2 E b r e e ... 10 1 4 1

T o t a l e ... 591 42 13 7 4

Numero delle scuole chiuse dal Governo nell’anno 1923—24 :

C a tto lich e... 134 27 9 4 13

P r e s b it e r ia n e ... 171 12 4 2 3

U n itarie... 48 1

L u t e r a n e ... 12 2 Ebree ... 42 3 4

T o t a le ... 401 44 18 6 16

Numero delle scuole delle minoranze alla fine del 1924 :

C a tto lich e... 358 21 9 3

P r e s b it e r ia n e ... 553 7 8 2 3

U n itarie... 37 2 L u t e r a n e ... 7

T o t a le ... 955 28 19 2 6

Perdite delle scuole delle minoranze :

In c i f r e ... 1,479 81 33 20 18

P e r c e n t u a le ... 60-3 74-3 63-5 9 0 9 750

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rocchie ungheresi di tal genere nei territori a popolazione mista, esse perde­

ranno la possibilità di continuare a svolgere la loro missione. Anche le congregazioni, essendo state private del clero e dei loro istitutori e circon­

date per di più da comunità romene, finiranno col dimenticare la loro lingua materna. Basteranno una o due generazioni, perchè codeste congregazioni siano completamente assimilate alla popolazione romena.

Secondo un articolo della legge agraria, le Chiese e le scuole che pos­

siedono una distesa di terra minore di quella registrata, hanno il diritto di chiedere un aumento dei loro beni entro i limiti della legalità.

Codesta misura però non viene mai considerata un diritto e si è avuto spessissimo il caso che i beni delle chiesi ungheresi fossero espropriati anche allorché la loro estensione era minore di quella stabilita dalla legge.

Secondo la relazione dell’anno 1924 del vescovo presbiteriano di Tran- silvania, il distretto di Udvarhely (con 50 parrocchie e 31,452 membri) possedeva 2,537 jugeri, ciò che significa 2,172 jugeri di meno della quota stabilita dalla legge. Ad onta di questo fatto, le parrocchie non ebbero dei terreni in più, non solo, ma 416 jugeri furono espropriati.

A Nagygalambfalva, ove non abitavano che 91 romeni di religione greco-ortodossa, la Chiesa ortodossa ricevette 25 jugeri, ad onta del fatto che secondo la legge agraria avevano diritto a ricevere delle terre solamente le parrocchie di almeno 300 membri. A Berettyószéplak la Chiesa presbi­

teriana, non avendo avuta la quota completa di terreno spettantele, reclamò quanto le era venuto a mancare, ma non ottenne mai nulla, mentre la Chiesa ortodossa romena ricevette ulteriori 50 jugeri per una nuova chiesa.

Dieci jugeri poi furono tolti alla Chiesa presbiteriana e furono donati, al bidello ortodosso.

In seguito a tali processi, lentamente le possibilità finanziarie delle Chiese vennero a diminuire di modo che in avvenire esse si vedranno certa­

mente costrette a rinunciare, perchè impossibilitate, a svolgere le loro funzioni religiose e scolastiche.

La riforma agraria.

La riforma agraria è stato il mezzo più efficace per distruggere le minoranze come lo dimostrano i fatti che seguono:

In seguito all’espropriazioné delle terre comuni dei villaggi, ricche comunità ungheresi furono impoverite in modo che le spese che prima erano a carico delle parrocchie vennero a cadere, in seguito all’applicazione della legge agraria, sugli abitanti dei singoli villaggi. Oltre a ciò si può dire che la espropriazione di tali terre ha provocato in genere delle ingiustizie vera­

mente straordinarie.

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23

Ad esempio, il comitato (provincia) di Csik possedeva una grande pro­

prietà immobiliare di 62,501 jugeri, gli utili della quale servivano al mante­

nimento delle scuole, degli orfanotrofi, dei maestri e degli scolari poveri.

Codesti terreni situati in un territorio prettamente magiaro, furono seque­

strati dal Governo mentre simili possedimenti giacenti in due comitati romeni, aventi un’estensione rispettiva di 463,327 e di 253,000 jugeri furono dichiarati esenti dall’applicazione dell’espropriazione.

La disposizione della Legge agraria secondo la quale la superficie dei terreni esenti da espropriazione venne fissata in 50 jugeri sulle montagne e in 100 jugeri in terreni accidentati, fu applicata spessissimo e arbitraria­

mente in modo poco corrispondente alle sue vere intenzioni. Difatti dipen­

deva completamente dai funzionarii del Ministero dell’Agricoltura — i cosidetti „agronomi" — se il distretto veniva considerato montagnoso o solamente accidentato. Immaginare le perdite che derivarono agli ungheresi da una disposizione di questo genere.

Secondo l’articolo 9, capitolo I. della Legge, le terre concesse ai pro- prietarii non agricoltori di professione potevano essere ridotte a 10 jugeri.

Migliaia di possidenti ungheresi, impiegati dello stato, avvocati, medici, maestri hanno perduto in tal modo la maggior parte dei loro beni.

Una simile disposizione è applicata anche nel Regat (l’antico regno romeno), ma con la differenza che le terre appartenenti a funzionarii dello stato, ad ufficiali od a vedove sono esenti da espropriazione.

Tutti i terreni sorpassanti l’estensione di sette jugeri, appartenenti ad ungheresi stabilitisi nella Transilvania dopo il 1885, sono esposti al sequestro. In seguito a tale disposizione, più di 2,200 piccoli possidenti ungheresi di 12 o 15 jugeri, vennero a perdere i tre quarti delle loro terre.

Essi presentarono una istanza alla Società delle Nazioni, la quale prese in considerazione la loro domanda, obbligando il Governo romeno a risar­

cire loro le perdite. Ma la somma da loro avuta non fu certamente adeguata alle perdite ed ai danni subiti.

L’elemento romeno nelle città della Transilvania non forma che una minoranza insignificante. Ma ciò non pertanto la romenizzazione di quelle città è uno degli scopi principali della politica del governo romeno. La legge agraria contiene una disposizione, la quale non viene che a rafforzare queste intenzioni del governo. Secondo tale disposizione, allo scopo di promuovere la costruzione di case, i terreni liberi, nonché i terreni adatti alla costruzione di case nelle città, i giardini ed i terreni coltivabili, dentro una data cerchia delle città e dei villaggi, sono soggetti al sequestro. Siccome di tali specie di terreni se ne trovano nella maggior parte nei sobborghi delle città, l’80% dei sequestri portati su tale base a compito, venero a ledere la classe povera. I terreni in tal modo sequestrati vennero o distribuiti tra

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24

funzionarii dello stato romeno oppure venduti a privati. Con questi metodi viene effettuata la romenizzazione delle città.

Il danno più serio recato ai proprietarii di fondi ungheresi deriva dall’ap­

prezzamento dei terreni. Secondo la legge agraria, i prezzi delle terre sotto­

poste a sequestro non può sorpassare la media dell’anno 1913 che era all’in- circa di 600 o 1000 leu oro.

Supponiamo che il Governo romeno riesca a stabilizzare il leu a 30 centesimi. In tal caso, se una proprietà di 100 acri è sequestrata a ragione di 1000 o 1500 leu per jugero, il proprietario viene a ricevere dei Buoni dello Stato d’un valore nominale di 1.000,000 a 1.500,000 leu carta, dando il 5%

che significano 50 o 75,000 lei carta che rappresentano il valore annuo oro di 1500 o 2250 lei.

Compenso veramente magro per un terreno di 1000 agri.

Nell’antico territorio della Romania il valore delle terre sequestrate fu quaranta volte superiore a quello dell’affitto delle terre nel periodo 1917—

1922. La vendita diede da 2000 a 3200 lei per jugero. E’evidente quindi che i proprietari dell’antico territorio del Regno vennero a ricevere una somma due volte, spesso più di due volte superiore a quella dei proprietarii di ter­

reni in Transilvania.

Nella vecchia Romania i terreni vennero misurati per ettari, in Tran­

silvania per jugeri catastali (un ettaro essendo uguale a 1,737 jugeri catastali) di modo che i proprietari di fondi dell’antico territorio del regno ricevettero quasi due volte per estensione la terra lasciata ai proprietarii della Tran­

silvania. In una parola i proprietari dell’antica Romania ebbero 500 ettari, mentre quelli della Transilvania ebbero 500 jugeri. In Transilvania, le terre che si trovano situate in varii distretti sono considerate formanti un solo possesso dal punto di vista della quota. La legge romena non contiene alcuna disposizione a questo proposito, di modo che i proprietari di terreni dell’antico territorio della Romania possono ritenere la massima estensione in ciascuno dei loro possessi anche se dispersi.

Intendiamo citare un esempio caratteristico e sorprendente delle ten­

denze antimagiare del Governo e della legislazione romena. Si tratta del caso degli optanti ungheresi. L’articolo 63 del trattato del Trianon dice esplicitamente che „gli optanti avranno il diritto di mantenere le loro pro­

prietà immobili". Ora, ad onta di tale patto, il parlamento dichiarò che le terre degli optanti venivano a cadere sotto alla legge relativa ai sequestri ed esse difatti furono ben presto sequestrate.

Gli effetti malefici della legge agraria furono anche accentuati dal modo con cui essa fu applicata. Non si vide nel periodo della sua applicazione che tutta una sequela di ingiustizie e di corruzioni. La relazione della „Casa Centrala a Improprietarirei", società formata per aiutare i contadini ad ottenere delle terre, palesa i numerosi abusi che furono commessi e rileva

(30)

25

551 casi di corruzione amministrativa. Il giornale „Romania41 dei romeni di Transilvania dava la seguente descrizione dei funzionarli che erano stati chiamati ad applicare la legge, i cosidetti agronomi: „L’agronomo è una persona che si nutre della rovina e del dolore dei contadini distribuendo le sue terre a delle persone che non ne hanno alcun diritto44.

Le ingiustizie nei campo economico.

In Transilvania le imprese industriali, commerciali e minerarie si tro vavano per la maggior parte in mano di ungheresi o di tedeschi. Questo fatto costituiva uno degli ostacoli più formidabili per la loro romenizzazione.

Il Governo quindi cercò tutti i mezzi possibili per giungere alla romeniz­

zazione di quelle importanti imprese.

Nell’antica Romania, la proporzione secondo la quale il capitale stra­

niero poteva essere introdotto nelle imprese commerciali ed industriali, era fissata per legge. Tale legge fu applicata anche in Transilvania e tutte le imprese in possesso delle minoranze, furono in tal modo tacitamente con­

siderate straniere e quindi soggette alla nazionalizzazione. Ciò significa che le imprese che si trovavano nelle mani delle minoranze furono costrette a svolgere la loro amministrazione in modo che un terzo dei loro membri fosse costituito da cittadini romeni, non obbligati a partecipare all’impresa con i loro capitali. I romeni in tal modo vengono a guadagnare delle forti somme senza alcun rischio e senza alcun rischio fanno parte delle classi dirigenti la vita politica romena. Alle società anonime che non vollero saperne di essere nazionalizzate fu negato l’appoggio e il credito della „Banca Nationala44.

Nel 1921, Titulescu, allora Ministro delle Finanze, presentò al parla­

mento un disegno di legge relativo all’unificazione delle imposte. Nel suo discorso egli accennò al fatto che un commerciante nel vecchio territorio del regno che dispone di una rendita di 31,000 leu, paga 1526 leu d’imposta mentre un negioziante della Transilvania che abbia una rendita uguale, paga 8461 leu.

Il disegno di legge di Titulescu fu applicato soltanto in parte. II si­

stema d’imposte in vigore in paese è uno dei più incoerenti che esistano.

Attualmente le imposte in Transilvania sono molto più alte di quelle dell’antico territorio della Romania. L’imposta fondiaria, ad esempio, è del 4 fino al 9% nell’antica Romania, mentre è del 20% in Transilvania.

Una banca, nella vecchia Romania, che disponga di un capitale di 20 milioni di leu e di una rendita netta di due milioni di leu annua, paga 240,000 leu d’imposta. Una banca alle medesime condizioni in Transilvania paga un’imposta di 847,000 leu.

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26

Il giornale „Patria", organo ufficiale del Partito Nazionale Romeno Transilvano cosi descrive la politica finanziaria del Governo: „Sarebbe troppo supporre che il Governo sapesse come lavorano i funzionarii del fisco in Transilvania. E noi non crediamo neppure che il Governo approverebbe i loro procedinenti, qualora esso li conoscesse, anche se la Transilvania dovesse essere considerata una colonia. I funzionarii che sono stati inviati dal vecchio territorio del regno affrettano la rovina delle imprese pubbliche e private. Ci si chiede se codesta gente crede che la Transilvania sia tenuta a pagare tutte le spese dello Stato romeno. Noi sappiamo una cosa ed è bene che la si sappia anche a Bucarest: ed è che il 70% delle rendite dello Stato vengono fatte derivare dalla Transilvania."

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LA SITUAZIONE

DELLA MINORANZA UNGHERESE IN CECOSLOVACCHIA.

(Agosto, 1927)

(33)
(34)

PREFAZIONE.

La Slovacchia, definita dal Trattato del Trianon una unità politica, non è affatto una unità geografica. La parte settentrionale costituisce all’incirca un quarto della grande unità geografica formata dal bacino carpatico o ungherese. Questa più grande unità è — a somiglianza per esempio delle isole britanniche, dell’ Ile-de-France e delle penisole spagnola ed italiana — una delle unità geografiche meglio definite d’Europa. La stessa formazione dei Carpazi — muraglia ininterrotta di catene di pietra da taglio all’esterno, e di montagne più antiche ed antichi vulcani nella parte interna — ne fa una barriera verso l’esterno, aprendosi all’interno e verso il centro del bacino in direzione della pianura ungherese. Tutti i fiumi convergono verso tale pianura.

La Slovacchia comprende due regioni di terreni montani dei Carpazi.

La regione occidentale — di circa 15,000 miglie quadrate — è larga e aperta, mentre la regione orientale, la quale sorge più bruscamente dalla pianura, è molto meno larga, per quanto sia meglio chiusa. Il versante principale delle acque è situato lungo la più grande cresta dei Carpazi, che per mille anni hanno formato la frontiera naturale del Regno d’Ungheria.

La spartiacque secondario si trova fra l’Ovest e l’Est. I fiumi dell’Ovest corrono lungo le vallate parallele in forma d’arco verso il Danu­

bio, mentre i fiumi dell’Est sfociano nel Tibisco. Questo versante costituiva nel secolo nono la frontiera settentrionale dellTmpero bulgaro e nei secoli XVI. e XVII. la frontiera fra lTmpero degli Absburgo e la Transilvania.

Anche attualmente esso segna un confine etnico d’importanza secondaria 'slovacchi occidentali ed orientali).

Queste regioni montagnose erano anticamente quasi per intero ecoperte da boschi. Attualmente all’Ovest vi si trova il 40% di foreste, il 45% all’Est.

In massima parte trattasi di conifere. Alcuni luoghi bassi del bacino e delle vallate furono probabilmente noti agli abitanti dei tempi remoti. Fu là che entrarono delle tribù slave sparpagliandovisi dal secolo IX0. Nel decimo secolo il regime ungherese si stabilì in tutta la distesa della pianura aperta. Le foreste divennero proprietà dei Re. Già nei secoli XI0, XII0 e XIII0 vi si trova una forte popolazione ungherese. Dopo l’invasione tartara (1242), come pure durante l’invasione turca nella grande pianura (secoli XVI0 e

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