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Grosutto Antalnak Verancsics Antal

In document XX. HUNGÁRIÁÉ HISTORICA. (Pldal 189-196)

Ad Reverendum patrem Magistrum Antonium Gros-sutum.

Molto tempo è, che ho imparato quel proverbio, che T avaro spende vice più, et il pigro fa camino, che il liberale et sacente, esser usitatissimo à tutte le nationi, si come bora h me h accaduto nel rispon-dere ad una Vostra. A la quale mentre differisco à dar raguaglio, mi sopragiunge 1' altra per il monsi-gnor Modrussa. Et tuttedue tanto piacevoli et piene di misteriose metaphore, che meritavano la risposta pili diligente et pili sottile, che il mio ingegno possa.

Ma perche la cortesia Vostra verso di me sempre fù tale, che cosi fatti mancamenti miei non castigherà giamai con la pena capitale, sarà contenta perdonarmi ancliora questo.

Però le Vostre donne, che sono lasciate da loro mariti per la presente guerra, parmi, che si lamentino à torto, essendo sempre ne loro potere di smaltire tutti gli avanzi de le mercantie loro, ò habbiano li suoi mariti appresso, o di lontano, come lo sanno ben quelli, che con esse fanno li traphichi di legno santo et di mercurio.

De li soldati venturieri, che ritornino à le loro rive da questo campo, non sò, che vi debbia dire. Ma

certamente è da meravigliarsi, che tutto il resto de

1566. oct. 8.

le genti, che qui sono, spoglino il tutto per li contorni de poveri nostri contadini, à ciò nescium tratteni-mento de le vittuaglie trovino i nemici, se venissero.

Cosa però, che non faranno, fino che si impadro-nischino di tutto il restante di questo nostro paese à loro piacere, per non liaver contrasto da nasciuna parte, li venturieri non si sappiano prevalere de li granfi, et de le ratte loro, salvo se fossero da Ca-tholici per convertir à miglior fede le infinite turine di heretici, che qui adesso sono concorsi ; non sb7 se a dar le pene, ò per riconoscersi. Il che pur adesso dovrebbono fare parte per li danni, puoco fà da li Turchi ricevuti ; parte per il fuoco d' altro giorno, che fà prodigioso, et abrugiò tutta questa città di Jaurino, et parte del campo nostro Ongaro, del quale liberamente potemo dire con il Propheta : „Exarsit ignis in sinagoga haereticorum, fiamma combussit peccatores."

Io per insino à qui sto assai commodamente, ò sia in casa mia, ò di fuori ; et penso, che se adesso da vero fussi in casa mia, starci più sollecito, che qui sono.

Ne trà questo mezo aiutando tutti li bisognosi, li quali misi riccommandino, e d'havermi compassione, che non riescili de la compagnia del Modrussa nostro, insino a tanto, che io possa dare. Et lui essendo già pervenuto al verde, come dite, credo che hormai è arivato ai fine dele sue ambitioni, poi che passati i secchi de li bisogni, che per a dietro lo premevano, adesso andando a Roma con reputatione di certi nuovi favori di Soa Santità nostro Signore, et maneggi de la Maestà Cesarea, pare, che la sua verdura gli ap-porterà frutti di luce, di honore, et di facultà, et fac-cilo il Signore, acio li ci possiamo congratulare, et

vedere, che tanti suoi prothei alfine sieno stati re-dutti, et fermati ne 1' uno desiato.

Ne del voler, che ha Soa Santità, di rivocare 1' uso heretico del calice in pristinum Catholicum, mi meraviglio, anzi summamente mi rallegro, et Signor Dio liavesse voluto, che la Santità del passato nostro Signore fusse stata di mente del presente sopra di ciò. Et penso vi raccordate, che più volte vi hò ragio-nato, che con le santissimi dogmi, et con le lodatissime traditioni Catholiche, non si lasciassero al giuoco d' huomini senza spirito, et che curano le private cose-ne pensino piti de le Divicose-ne, che tanto, quanto faccino al profitto de le ambitioni et graudezze loro. Ne è bisogno, che la mia orecchia vi fusse adesso più ap-presso. Sò, quello vorreste dirmi de le novaccie di alcuni, de quali, quando semo insieme, spesso ragio-niamo. Ma Iddio pardoni à tutti diagli miglior spirito;

cessentque professionem Catholicam cum haeretica iuxta habere; nec gestent pallium hypocrisis à danni de la Santa Chiesa d' Iddio, et al suo puoco honore, et menor giovamento.

De la presenza de Turco, ho già creduto, ben-ché qui si ragiona in dui modi; chi eh' e partito per Constantinopoli, et chi eh' egli e morto. Di che noi ci rallegramo et pensamo, non sò che, se la stagion del tempo ne servirà. Pure Iddio Signore ci liberi dal suo flagello. Perche noi non siamo bastanti contra la sua mano con le nostre tanto impure. E t perche esso nostro nemico violenta i cieli, diagli Signor Dio la percossa, et castighi anchora quelli, che hanno dato causa, si come à tante sue vittorie, cosi anchora à li nostri danni.

Di che Delfino m' havete scritto, non capisco à

sufficienza. Ma qui siamo persuasi, che il nostro e partito da Roma, et viene à rivedere noi altri suoi servidori. Signor Iddio gli dia buon viaggio, et lo conduchi salvo.

Le gallere Turchesche, spalmate in Lesina, ten-tata 1' isola de tremidi, et fatto paura à Ragusei, et à certi luoghi Veuetiani, dicesi, che erano tornate à li suoi mari ; ma hora si hk fresca nuova, che tornino per castigare gli Albanesi. Cosa, eh' io non credo ; perche non e più da trescare co 1 mare, et F asprez-za dela Cimerà vuole altri ucelli, che quelli, volano per le onde.

Del vescovato promesso à tanti, e tanti insino à questo tempo, quando intesi, assai mi meravigliai, perche la persona Vostra merita molto maggiore, e tale, che per luoco anchora le fusse stato al propo-sito. Lasciatelo dunque andare, et preghiamo Dio per la vita longa de la Santita del presente nostro Si-gnore. Ne dubitamo, che barra presto cura di Voi.

Benche posso ben mervigliarmi, che fin1 a questo tempo non 1' habbia havuta, per esser tutti mortali, et meritando la servitù Vostra, quale da tanti anni fate à la Santa Chiesa, sine improperatione tardioris remunerationis.

De le frezze non hò paura, perche tengo buon riparo à la sicurtà mia, che nesciuno di questi, con quali siamo venuti ä questi frontiere, tiene conto di andar tentare il suo signore. Pure Voi, Padre mio Reverendo, non tralasciate di pregaro per noi. Perche veramente havendo noi di qua posposto la invocatione di Maria, et gridiamo Giesu à meza bocca, et con

lingua molto languida; considerate, quanto saremo bastandi à pregare per noi stessi. Ma Dio volesse,

che prima havessimo cura del Regno suo, et poi ci armassi contra questo tiranno et inimico commune de la gente et fede nostra, sentendo et dicendo tutti il medesimo nela professione Catliolica. E t questo hab-biate à la Vostra prima.

A 1' ultima, vorrei molto prontamente, di potervi dare il desiderato raguaglio, ma essendo tanto miste-riose, che di gran lunga passino Y altre, penso far meglio, se le risponderò in brevità. Ne bisogna par-lare de le carote dei amico, ma ben conoscer quelle, et schifare 1 assagio di esse. Et se cosi fatte vi an-diamo costa da questo campo ; dovreste contentarvi de la sentenza comica, quando facciamo, quello pote-mo, non potendo, quanto vorriamo.

Ne del pronostico d' Agria dubitate punto, se il presente suo maggiordomo 1' liarrà in cura più à lungo. Il quale non emendato per il caso di Giula et di Ziget, dale heresie et impietà horrendissime, de quali tenevano professione i loro tutelari, corre à tutta briglia di fare il peggio, et di acrescere il sdegno d' Iddio contro à danni di quella Chiesa.

Scrivono di li i miei, che liavendo la occasione di estinguervi il culto Divino, non solamente ha em-piuto la detta Chiesa de diverse sorti de vittuaglie et munitioni, ma rovinati appresso gli altari, tagliate in pezzi le imagini de loro, destrutti i libri de graduali et antiphonari con gli altri insieme, rubati anchora i vessilli et li picchi de le campane, ha etiamdio escluso tutti gli preti dal santo choro, et vietato, che ne anche venghino à vedere tanto obrobrio del sacro tempio di Dio, et de la casa di oratione. Aggiuntovi appresso biastemme, et inauditi scorni contro à la messa, eh1 ella puzzasse di maniera, che non volesse

esser frequentata elie fusse, elie fusse castrata per certe cagioni, che non si potrebbono mentovare, et al fine, eh' ella fusse incatenata, ne le restasse altro, che la sentenza de 1' ultimo suplicio.

Per tanto vediate, padre mio, come la matemati-ca di alcuni non debbia riuscire al suo effetto. Quan-do già Tokai ancliora è assediato dal Transsilvano, in compagnia de Turchi et di Tartari. Lo quale con-servi Iddio. Ma se li accaderà caso alcuno, series ve-xabit Agriam et Cassoviam, et vi si haveranno nuovi travagli, questi de qua non ben anclior' assettati.

La superstitione di voler celebrare le mie primi-tia ne la mia chiesa, non è supertitione, ma devotione da li nostri padri à noi emanata et scesa. Pure io in buona parte accetto questo passo de la Vostra sati-retta, con promessa di contentar subito li sollecitatori miei di questo mio debito, che sarò al ritorno da 1' intrico di questa guerra.

Ma di quella donna lagrimosa, non di palazzo, da palazzo, veramente non intendo niente ; salvo se qualcuno si facesse matematico, et non fusse ; cosa, che accade spesso à li vantatori. E t di ciò mi rimetto.

De li colombi miei, tanto manincolici, et de le uova loro mangate da li ratti, è un stroligare molto difficile. Penso però, che vi sodisfarò, se dirò, che di-sperate de la gratitudine di coloro, ali quali soglio fare di appiaceri. Ma sia quello, che vogliate, pur che li mali ratti del Solimano non ci ingombrino il nido d" Agria, et le uove sue.

Di haver tralasciato il titolo mio del Reveren-dissimo et del' armato vescovo in vece di conte, saria da dire, se io fussi fatto miles gloriosus ; ma et voi havete buon tempo, giudicando dal porto il corso de

le navi d* altrui, nel' alto mare. Et io che con questi nostri altri monsignori siamo venuti in qua, non per spander sangue de mortali, ma che salviamo il nostro già imbianchito et raffrcdato per la strenuità, che di-mostrassimo questi di passati sotto Alba Regale; non restamo però di tenere il modo, lasciando i fatti, chi di noi meglio sono armati, et basti, che anello le no-stre arme si veggono nel tropheo sotto li nostri pa-diglioni, non sopra noi, quali puochi mesi fa, facessimo la confessione, non per morir in guerva à cavallo, ma nel e case et nostri letti.

Il che Signor Iddio ne concieda, et Voi salutate da parte mia il Signor Cesare di euoli, se sarà costa, perche anchora qui non l'ho veduto. Et quando verrà per appiacer Vostro et contento mio, strolighero molto volontiere con essolui, di quanto mi havete ricercato.

E singolare et virtuoso, et nobilissimo gentil liuomo, e tanto pili gli sono affettionato, quanto è instruttis-simo de li miei, et de la casa mia.

Ne al presente vi scrivo novelle, perche dopo molt' altri, forse la nostra etiamdio compagnia si sbanderà, et di curto saremo insieme, ove ragionare-mo à nostro piacere. Et se mi dimandate, che aniragionare-mo liò di ritornare da questo mare? — sappiate, che ho-mai vorrei esser con Voi, per non aspettare qui il resto dei flagelli di Dio, dopo quelli di spada et di fuoco.

State sano. Dal campo Cesareo sotto Jaurino ali 8.

di Ottobre del 1566.

L X X Y I I .

In document XX. HUNGÁRIÁÉ HISTORICA. (Pldal 189-196)