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Riflessioni teoretiche

4. Argomento istituzionale

Come ha ricordato Zoltán Németh in un suo saggio, questa letteratura si è assicurata una propria autorappresentazione istituzionale,8 quindi da un punto di vista istituzionale esiste.

Esiste nel senso che esistono associazioni di autori ungheresi che vivono in Slovacchia: i membri di queste associazioni ogni anno assegnano vari premi letterari, segnalando autori giovani e debuttanti, sia nella poesia che nella narrativa. Per i critici letterari che provengono dalla Slovacchia sono disponibili borse di studio. Opus, che si definisce “rivista degli scrittori slovacco-ungheresi”, offre possibilità di publicazione sia a studiosi di letteratura, che a poeti e narratori. Vi sono poi pubblicazioni collettive (monografie, storie della letteratura, atti di convegni, antologie letterarie) che nel titolo, nel sottotitolo o nelle loro tematiche, si riferiscono alla letteratura slovacco-ungherese, sulla quale si organizzano continuamente conferenze. Nelle università si possono seguire corsi specifici

7 A cseh/szlovákiai magyar irodalom lexikona 1918-2004, szerk. Fónod Zoltán, Bratislava, Madách-Posonium 2004, p. 277. L’ autore della voce relativa a Márai è Lajos Turczel.

8 Németh Zoltán, A szlovákiai magyar irodalom önreprezentációja,

„Partitúra” 2010, n. 1, p. 104.

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orientati maggiormente verso la lettaratura slovacco-ungherese e altre letterature ungheresi minori.

A proposito dell'ultimo argomento dobbiamo sottolineare che, malgrado tutto, la letteratura slovacco-ungherese non ha un suo canone regionale relativamente autonomo dai canoni ungheresi, anzi è proprio vero il contrario: la letteratura slovacco-ungherese segue, imita o riflette in qualche modo il canone letterario ungherese, di solito non simultaneamente ma con un certo ritardo. Sia Zoltán Németh che Zsófia Bárczi, nei saggi già citati, sono concordi nel definire la letteratura slovacco-ungherese una letteratura orientata da Budapest.9 A questo proposito Németh richiama la nostra attenzione sul fatto che gli autori slovacco-ungheresi “sconfinati”, cioè quelli che vengono conosciuti e apprezzati anche oltre i loro confini geografici, erano (e sono) sensibili, aperti ai processi poetici della letteratura ungherese in Ungheria10. È difficile, infatti, immaginare i primi romanzi di Lajos Grendel senza l'ispirazione, l`influenza – diretta o indiretta – delle opere di Miklós Mészöly o Péter Esterházy. Nella poesia di Tőzsér sono identificabili quasi tutte le poetiche, gli stili, i movimenti e le tendenze che formano i periodi della produzione della letteratura ungherese (parliamo di un poeta che ha già sorpassato la soglia degli ottant`anni, la cui poesia è però ancora “up to date”). Nella lingua poetica di Zoltán Hizsnyai, caratterizzata frequentemente da espressioni provenienti da vari registri stilistici, gerghi, dialetti, dall´uso cosciente di errori grammaticali, imitazioni parodistiche, mistificazioni,

9 Il nome della capitale ungherese è qui simbolicamente usato per indicare la “letteratura ungherese d`Ungheria”.

10 Németh Zoltán, Szlovákiai magyar irodalom: létezik-e vagy sem?, in:

Id., A bevégezhetetlen feladat, Dunaszerdahely, Nap Kiadó 2005, p. 22.

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scambi ludici di ruolo, riecheggia la poesia di Lajos Parti Nagy. È importante notare come nei casi appena accennati non si tratti di influenza o d`imitazione passiva, vuota (improduttiva), ma di trasformazione creativa.

Non tutti gli autori si comportano così, è ovvio. Un’altra via che permette di restare aperti a contesti più ampi consiste nel trovare tradizioni “internazionali” che siano poeticamente produttive anche oggi, come – per esempio – è il caso della tradizione classica. Zoltán Csehy ed Aniko Polgár, due poeti che hanno cominciato a pubblicare negli anni Novanta, non solo usano motivi e figure delle antiche culture greca e romana ma sono anche – in quanto filologi classici – traduttori delle opere di questo periodo. I confini tra traduzione e produzione sono più permeabili del solito.11 È simile il caso di Gergely Vida, poeta e redattore appartenente alla stessa generazione, che nei suoi testi intrattiene un dialogo produttivo con la cultura popolare.12 La provenienza dell’autore o il fatto che possieda la cittadinanza slovacca, sono in questi casi invisibili, poeticamente irrilevanti.

La terza strategia per “sfondare” come scrittore ungherese in Slovacchia è quella di “restare a casa”: pubblicare nelle riviste e nelle antologie ungheresi di Slovacchia, partecipare a eventi letterari e culturali regionali, senza l'ambizione di mettersi in gioco presentando la propria produzione letteraria, le proprie capacità personali, in un contesto più ampio. È chiaro che si tratta di una strada molto rischiosa: la chiusura, la tendenza a trascurare i canoni della letteratura ungherese d`Ungheria, anzi addirittura della letteratura europea (e potrei arrivare fino a dire: mondiale!)

11 Csehy Zoltán, Hecatelegium, Pozsony, Kalligram 2006; Polgár Anikó, Régésznő körömcipőben, Pozsony, Kalligram 2009.

12 Vida Gergely, Horror klasszikusok, Pozsony, Kalligram 2010.

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implicano il rischio della cosiddetta “partita doppia” (il termine ungherese corrispondente, kettős könyvelés, è usato in questo contesto proprio da Zoltán Csehy), per cui in Slovacchia (o in Romania, Serbia, Ucraina) è valida una dimensione estetica diversa da quella d`Ungheria: l’autore Tal de’ Tali è noto, anzi premiato a Pozsony (Bratislava), ma il suo nome non dice quasi nulla a Budapest. Siccome Tal de’ Tali pubblica solo in Slovacchia, non è presente nelle riviste di spicco che si pubblicano in Ungheria (Alföld, Élet és Irodalom, Jelenkor, Tiszatáj etc.), non prende a parte al complesso dibattito letterario ungherese. Proprio questo è un motivo per cui non pochi giovani scrittori rifiutano il termine

“slovacco-ungherese” o protestano contro il suo uso, contro questo marchio di autodefinizione: nel loro caso “slovacco-ungherese”

connota il particolarismo, la chiusura, l’ignoranza, che spesso equivalgono all’incapacità e al dilettantismo.

Spero vivamente che quanto di cui ho sinora trattato non abbia (o almeno non troppo) annoiato il lettore. Per concludere aggiungerò ancora un`importante avvertenza, che consiste nell’evitare due pregiudizi: in primis pensiamo al fatto che la localitas, la lingua e la storia regionali non sono necessariamente collegate al loro valore estetico, in quanto si tratta di elementi tematici e linguistici (in senso stretto) che hanno solo la potenzialità di diventare “forti” fattori estetici. I testi che presentano questi motivi debbono rapportarsi a contesti letterari e culturali più ampi.

In secundis, ricordiamo che la periferia non implica necessariamente tutti gli aspetti negativi già menzionati, ma potrebbe anche contenere potenzialità innovative. Lotman ha scritto che molte innovazioni artistiche provengono proprio

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dalla periferia,13 ovvero da un ambito (generi, autori) più o meno lontano dal centro culturale.

Per gli autori che oggi vivono e scrivono in Slovacchia, l’importante è conservare la loro specificità senza necessariamente isolarsi o chiudersi in sè. Come ha scritto Árpád Tőzsér in una sua poesia carica di ironia riflessiva, intitolata Utómodern fanyalgás a szlovákiai magyar irodalom tárgyában (ovvero Piagnucolio postmoderno sul tema della letteratura ungherese di Slovacchia): “se la letteratura slovacco-ungherese è ancora „slovacca” – allora ha guai seri!”14

13 Lotman, Jurij Mihalovics, A szemioszféra, in: Id., Kultúra és intellektus. Jurij Lotman válogatott tanulmányai a szöveg, a kultúra és a történelem szemiotikája köréből, szerk. Szitár Katalin, Budapest, Argumentum Kiadó 2002, p. 100.

14 “ha a szlovákiai magyar irodalom még mindig „szlovákiai” – elég baja az neki!”

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