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Gli abusi nelle scuole

L’articolo 10 del trattato del Trianon prescrive che ,,I1 Governo romeno accorderà nelle città o nei distretti ove risiede in considerevole propor­

zione della popolazione di lingua diversa da quella romena, delle „con­

venienti facilitazioni per assicurare che nelle scuole elementari l’istru­

zione si svolga, nella loro propria lingua, ai figli di codesti citta­

dini romeni".

L’articolo 9 del medesimo trattato stabilisce che ,,i cittadini romeni appartenenti a delle minoranze etniche, sia per religione che per lingua, godranno il medesimo trattamento e le medisime garanzie di diritto e di fatto degli altri cittadini romeni. Essi avranno precisamente uguale diritto a creare, dirigere e controllare a loro beneplacito istituzioni di carità, religiose o sociali, scuole ed altri istituti d’educazione col diritto di fare libaremente uso della loro lingua e di praticare liberamente la loro religione . . . "

Oltre a ciò l’articolo 11 dice: „La Romania accorda volentieri sotto il controllo dello Stato, alle comunità degli Székely e dei Sassoni in Tran- silvania l’autonomia locale per ciò che concerne le questioni religiose e scolastiche".

Questi articoli dunque del trattato di pace riservavano alle mino­

ranze di Romania i medesimi diritti che godettero le minoranze in Unghe­

ria prima della guerra. Sotto il Governo ungherese i romeni avevano l’autorizzazione di mantenere delle scuole confessionali comunali e private, che avevano esattamente i medesimi diritti delle scuole dello Stato unghe­

resi. Queste scuole ebbero anche, in caso di bisogno, degli appoggi da parte del Governo, e dello Stato.

Nel 1919, immediatamente dopo l’occupazione, il Governo romeno prese in sue mani ed iniziò la romanizzazione di tutte le scuole dello Stato ungheresi, a cominciare dalle Università fino ai giardini infantili. Furono requisiti anche gli edifici scolastici che erano di pro­

prietà delle chiese. Codeste scuole furono offerte al Governo unghe­

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rese, ma alla condizione che in esse fosse abolito immediatamente l’in ­ segnamento in lingua ungherese. Solamente in tal caso il governo romeno si dichiarò disposto a ritornare gli edifici ai loro proprietarii originarii che in questo caso erano le varie comunità religiose della Transilvania.

Sul principio tali comunità religiose sostituirono le scuole requisite con delle nuove e qualche anno dopo difatti il numero delle scuole pri­

marie era effettivamente maggiore di prima dell’occupazione romena.

Nel 1918 si contavano in Romania 428 scuole, nel 1920 il loro numero sali a 895. Il Goverano romeno si vanta di queste cifre che derivano invece dai sudori delle minoranze. Ma di li a cinque anni il loro numero scese a 647 e continua a discendere sempre.

Una vera autorità in materia scolastica romena, M. O. Prie, ex sotto- segretario di Stato all’Istruzione in Transilvania, pubblicò un articolo nella rivista „Tara Noastra" col titolo: „Gli ungheresi hanno troppe scuole". Egli in questo articolo diceva effettivamente che gli ungheresi avevano troppe scuole e che esse quindi andavano ridotte di numero. Il miglior mezzo per giungere a tale risultato, scriveva, sarebbe quello di negare loro l’appoggio dello Stato. In tal caso le scuole ungheresi riu­

scirebbero difficilmente a mantenersi, considerato che gli ungheresi non hanno mezzi sufficienti a loro disposizione per questi scopi. Le loro scuole quindi lentamente andrebbero scomparendo e cederebbero il posto alle scuole dello Stato.

L’attività di Anghelescu, Ministro della Pubblica Istruzione nel Gabi­

netto di Bratianu, si rilevò efficacissima. Egli cercò di soffocare la pos­

sibilità di vita e di esistenza delle scuole ungheresi dapprima mediante ordinanze e poi per mezzo di due misure legislative che vanno men­

zionate.

Fra le varie disposizioni contrarie agli interessi delle minoranze si trovano anche le seguenti:

L’articolo 8 della legge sull’istruzione elementare dello Stato pre­

scrive che ,,i genitori di origine romena che hanno dimenticato la loro lingua materna hanno l’obbligo di mandare i loro figli alla scuola nazio­

nale ove l’istruzione è svolta in lingua romena".

L’articolo 159 ci dà un esempio veramente sorprendente delle ten­

denze che manifesta a questo proposito la legislazione romena. Esso sta­

bilisce che le regioni, nelle quali gli ungheresi formano dei nuclei omo­

genei saranno considerate „zone di cultura" e che quelli tra i maestri che desiderassero recarvisi per farvi „opera di cultura e nazionale" più accen­

tuata — cosi dice la pratica — avranno un trattamento migliore con un relativo aumento del 50% suelle competenze rispettivamente a quelle degli altri maestri del regno. Il loro avanzamento di servizio sarà favorito e quelli tra i maestri che intendessero stabilirsi definitivamente in

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cuna di quelle zone, riceveranno, oltre al detto trattamento di favore, anche dieci ettari di terreno.

L’articolo 7 dice quanto segue: „Nei distretti mistilingui, il Ministro della Pubblica Istruzione può fondare delle scuole, nelle quali l’insegna­

mento sarà svolto nella lingua della rispettiva popolazione nelle quattro classi inferiori. Ma la lingua romena è obbligatoria. Si ha l’obbligo d i ­ segnarla con un orario che sarà stabilito separatamente dall’ordinanza.

Nelle classi superiori l’insegnamento sarà svolto in lingua romena. Sia la bibbia che la lingua nazionale saranno insegnate nella lingua della rispet­

tiva popolazione".

I suddetti maestri, godenti il trattamento di favore, sono impiegati nelle scuole dello Stato, nelle quali la lingua d’insegnamento è l’ungherese. La relazione dell’ispettore capo della provincia di Marostorda dà un quadro esatto della situazione venutasi a creare in seguito a tali provvedimenti: „Le esperienze dell’ultimo anno — dice la relazione — dimostrano l’errore che si commette con la nomina di tali maestri. I villaggi, nei quali neanche un’anima conosce il romeno, eccettuati forse il notaio ed il gendarme, ebbero dei maestri che non avevano mai sentito in vita loro una parola d’ungherese e che ignoravano completamente le abitudini e la mentalità del popolo in mezzo al quale essi avevano il compito di svolgere la loro attività. I più coscienziosi tra di loro si dimenarono come dei pesci fuor d’acqua per cercar di farsi comprendere, ma alla fine furono costretti a dichiarare che non avevano la possibilità di far nulla: i fanciulli non conoscevano il romeno."

Immaginarsi il valore che può essere dato ad un’istruzione di questo genere.

Le offese più enormi e più madornali che derivano e sono contemplate nell’Atto relativo all’Istruzione privata sono le seguenti:

La fondazione di una scuola delle minoranze dipende da un permesso speciale che deve essere dato dal Ministro della Pubblica Istruzione, per­

messo però che contiene delle disposizioni ben difficili ad essere applicate e mantenute. Il numero degli scolari per ciascuna classe non può essere minore di venti. Per le scuole dello Stato non esiste alcuna disposizione di questo genere. Le minoranze non possono fondare delle università, nè delle scuole normali per l’istruzione dei maestri. Tutti i maestri delle minoranze devono provvedersi di un permesso speciale del Ministro della Pubblica Istruzione prima di poter insegnare in qualche scuola fondata dalle singole comunità religiose, E’proibito agli allievi di frequentare scuole di denomina­

zione diversa da quella alla quale appartengono. La lingua ungherese è esclusa dalle scuole ebraiche. In queste scuole l’istruzione deve essere svolta o in romeno oppure in ebraico. Nelle scuole mantenute dagli ordini religiosi cattolici, la lingua d’insegnamento deve essere quella romena, per quanto

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in Transilvania non vi siano dei romeni di religione cattolica, ma solamente degli ungheresi e dei tedeschi.

Il diritto di pubblicità non è dato alle scuole private se non in quanto queste si adattano completamente ai regolamenti in vigore per le scuole dello stato e si pongono completamente sulla base di queste. La lingua romena, la letteratura, la geografìa, la storia e la costituzione devono essere insegnate in romeno.

Le scuole delle singole sette che non si sottomettono a tali condizioni, perdono il privilegio della pubblicità e non hanno il diritto di rilasciare delle pagelle agli scolari. In casi gravi (?) esse possono essere anche chiuse.

Vi è un’altra cosa ancora che non conviene passare sotto silenzio: la questione dei gradi delle diverse scuole.

Sotto la dominazione ungherese, gli scolari che avevano compiuto le otto classi di una scuola media, si dovevano presentare, per l’esame finale, innanzi ad una commissione composta dai loro insegnanti e da un rappre­

sentante del Ministro della Pubblica Istruzione. Tale sistema fu mantenuto fino al 1924—1925, anno in cui furono introdotti i cosidetti esami del

„baccalaureato11.

Gli scolari non subiscono più l’esame innanzi ai proprii insegnanti, ma innanzi ad una commissione nominata dal Ministro e composta da inse­

gnanti di tutte le scuole del paese. Il presidente della commissione deve essere un professore d’università e l’esame si deve svolgere in romeno. Nella maggior parte dei casi i membri della commissione non comprendono la lingua dell’allievo, appartenente alla minoranza. Gli scopi di tali esami furono ben definiti nel modo seguente dall’ex Presidente del Consiglio Vajda- Vojvoda: „La questione del „numerus clausus11 da noi è risolta e precisa- mente in un modo molto geniale. Anghelescu. ha avuto l’idea di escludere la minoranza degli studenti ebraici dall’Università se per un caso qualunque essi dimostrassero di non conoscere la data della nascita del poeta Creanga o se essi non fossero abbastanza al corrente circa i legami che correvano tra Eminescu e Veronica Mikle“.

Lo sviluppo della politica scolastica del Governo romeno è dimostrata nel migliore dei modi per mezzo dei numeri che si trovano a pagina 20 del presente fascicolo.

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