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Abusi legali e politici

DELLA MINORANZA UNGHERESE IN CECOSLOVACCHIA

I. Abusi legali e politici

Agli occhi dell’opinione pubblica estera il Governo cecoslovacco fa apparire come suo grande merito il fatto d’aver incluso tra gli articoli della Costituzione cecoslovacca le stipulazioni del sedicente Trattato delle minoranze che fu firmato a Saint-Germain-en-Laye il 1° settembre 1919 tra la Cecoslovacchia e le Potenze alleate ed associate, vantandosi, inoltre, che la Legge concernente l’uso delle lingue del 29 febbraio 1919 contiene alcune disposizioni generali circa

l’uso delle lingue delle minoranze.

Orbene, se paragoniamo gli articoli della Costituzione cecoslovacca concernenti le minoranze con le disposizioni del citato Trattato per la pro­

tezione delle minoranze, verremo al sorprendente risultato che il carattere liberale della legge cecoslovacca per la protezione delle minoranze, tanto strombazzato per il mondo, non esiste nemmeno sulla carta. Al contrario, ad ogni passo c’incontriamo con una frase di carattere restrittivo, la quale costituisce un sotterfugio per schivare le stipulazioni del Trattato delle minoranze che già mancano di una base seria.

Ecco un esempio caratteristico:

L’articolo 7 dél Trattato delle minoranze prescrive che a nessun cit­

tadino cecoslovacco può essere fatta alcuna restrizione circa il libero usod’una qualsiasi lingua nelle relazioni private o commerciali, religiose, giornalistiche o nelle pubblicazioni di qualsiasi natura oppure nelle riunioni pubbliche.

Questa disposizione trovasi effettivamente inclusa nel Paragrafo 128 della Costituzione cecoslovacca, ma è accompagnata da due restrizioni di carattere sostanziale:

1. I cittadini cecoslovacchi possono fruire del diritto citato solamente

„entro i limiti delle leggi generali".

2. La seconda restrizione prescrive che il diritto di servirsi d’una lingua „non porta pregiudizio ai diritti accordati agli organi dello Stato entro i termini delle leggi esistenti o delle leggi che potranno essere adottate in avvenire per ragioni d’ordine pubblico, per la salute dello Stato e per assicurare l’esecuzione efficace della sorveglianza."

Differenze tra la Costituzione ceco- slovacca e le dispo­

sizioni del Trattato delle minoranze.

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Che cosa significano queste restrizioni dal punto di vista della vita pratica? La supposizione assurda del legislatore ceco che l’ordine pubblico e la salute dello Stato possano essere in pericolo se un magiaro della Ceco­

slovacchia svolge i suoi affari in ungherese, se nelle chiese ascolta delle prediche in lingua magiara, se legge un giornale magiaro, se ascolta o dice una conferenza in lingua magiara in una riunione pubblica. Quando la persona in questione non sa che il magiaro — ed è frequente il caso, special- mente nei territori dello Slovensko del sud che prima della guerra facevano parte deH’Ungheria — essa può essere condannata, nell’interesse dell’ordine pubblico, a serbare un completo silenzio.

L’assurdità di questa situazione dev’essere stata risentita anche dal legislatore. Nel suo rapporto no 2421/1920 la Commissione per il diritto costituzionale dell’Assemblea Nazionale cecoslovacca dà la seguente spie­

gazione alla clausola di questa „museruola delle minoranze11.

„L’inserzione delle parole11 „entro i limiti delle leggi generali11 serve a salvaguardare la sovranità dello Stato. Nella vita privata e commerciale nonché nel culto religioso l’uso della lingua in tutti i casi è completamente libero 1), ma trattandosi di stampa o di riunioni pubbliche, 1’amministrazione dello Stato può, in conformità al suo dovere, per assicurare l’ordine pub­

blico nonché quello della salute dello Stato, emanare degli ordini allo scopo che il Governo possa esercitare il controllo necessario. Nel caso in cui l’uso d’una lingua venisse ad essere proibito è naturale che nessuno potrà farne uso11.

Questa motivazione e questa spiegazione è adatta a tutto fuorché a toglierci le apprensioni derivanti dal testo restrittivo del Trattato delle minoranze.

L’osservazione della Commissione della legge costituzionale, secondo la quale se l’uso d’una lingua venisse proibito, questa lingua non può essere impiegata da nessuno è il colmo dell’ipocrisia che caratterizza i procedimenti che hanno seguito i cechi nel regolare la questione della protezione delle minoranze dal punto di vista del loro diritto pubblico interno. C’è da chiedersi, e con diritto, quale differenza esiste se un anarchico agita le folle verso delle mire incendiarie o al sabotaggio nella lingua dello Stato o nella lingua di una o dell’altra delle minoranze. In tutti e due i casi egli compie un’azione criminale, la cui gravità non può essere affatto influenzata dalla lingua ch’egli si sarà servito. Ed è giusto che un discorso comunista tenuto per caso nella lingua della minoranza e che i cittadini probi e saggi, che parlano la stessa lingua, siano esposti ad essere condannati al silenzio dalle autorità? Oppure è un procedere leale quello di proibire tutti gli organi della stampa della minoranza, solamente perchè questi organi sono stam- *)

*) Dal testo del Par. 128 della Costituzione non risulta questa „completa libertà"

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pati nella stessa lingua di un giornale d’estrema sinistra ? ! Le clausole restrittive di questo genere sono portate a rendere inefficace, già teoricamente, la protezione delle minoranze ed a trasformare gli articoli della Costituzione czeca sulla protezione delle minoranze in armi „costitu- zionali“, che in certi casi potrebbero essere impiegate addirittura a delle spedizioni punitive per la oppressione delle minoranze. L’Assemblea Nazio­

nale e Costituente czeca, dalla quale le minoranze furono escluse, sembra abbia scambiato la libertà dell’uso delle lingue delle minoranze coi para­

grafi concernenti le agitazioni rivoluzionarie, il diritto delle minoranze col diritto penale. Anche negli altri paragrafi della Costituzione czeca, concer­

nenti la protezione delle nazionalità, troviamo degli emendamenti restrittivi di questo genere, con delle scappatoie. Di essi ci occuperemo sotto le rubriche rispettive (Regole per l’uso della lingua nell’amministrazione, nelle scuole delle minoranze ecc.) Nello stesso tempo avremo occasione di dimostrare che nella vita pratica il Governo cecoslovacco si scosta vieppiù dalla strada indicatagli dal Trattato di pace per la protezione delle minoranze.

Il grande schieramento della politica „liberale" di fronte alle mino­

ranze czeche fu il censimento dell’anno 1921.

Secondo i dati del censimento ungherese del 1910, Statistica. nel territorio trasferito dall’ex Regno d ’Ungheria ai

czechi* 1) dal Trattato di Trianon, il 30’2% della popo­ un territorio notevolm ente maggiore a quello che originariamente era rivendicato dagli stessi czechi. Il territorio occupato dai czechi il 6 dicembre 1918 comprendeva più o meno i comitati aventi una maggioranza slovacca e situati nel cuneo nord-ovest dell’ex Ungheria — i comitati di Turóc, Trencsén, Árva e Liptó. Della popolazione totale di questo territorio che ammonta ad 1.072,866 di anime, il 10% è di m adrelingua magiara, cioè 220,571. Della popolazione del territorio trasferito alla Cecoslovacchia oltre al ter­

ritorio rivendicato a tutta prima dai czechi (1.564.947 animo) circa un terzo (846,006) sono di madrelingua magiara. La maggioranza dei magiari vive in una m assa compatta sulla attuale frontiera ungaro-cecoslovacca.

Specchietto delle rivendicazioni ceche concernenti la parte settentrionale dell’ex Ungheria.

P opol.tot. Num . dei M agiari «/•”

1. Prima rivendicazione czeca (linea del 6 di­

cembre 1 9 1 8 ) ... 1.972,866 2. Seconda rivendicazione (linea del 23 dicembre 1918) 2,909,160 3. Terza rivendicazione (linea del 23 gennaio 1919) 2,979,835

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magiari è diminuito di 311,803 anime. Questa sorprendente diminuzione del 30% — che non corrisponde affatto alla verità — si spiega colla serie di abusi cui sono ricorsi coloro che hanno diretto il censimento e gli organi esecutori, allo scopo di falsificare deliberatamente e sistematicamente i dati concernenti la minoranza magiara. Per caratterizzare nel^cenJinuìnto^ questi abusi bastino alcuni esempi. I fogli di censimento

furono falsificati ancora durante la compilazione degli stessi oppure furono corretti in seguito; soldati cechi furono nei distretti abitati da magiari durante tutto il periodo del censimento, col fine di dimi­

nuire la proporzione numerica degli abitanti magiari originari delle varie località; nei villaggi e nelle città magiare fu ommesso di effettuare il censi­

mento in intere vie; là dove il risultato, malgrado questi espendienti, era troppo favorevole ai magiari, venne ordinato un nuovo censimento, che fu compiuto con grande terrore.

Benché queste macchinazioni abbiano realmente ridotto solamente sulla carta il numero della minoranza magiara, tuttavia il procedere arbitrario adottato durante il censimento ha delle conseguenze vitali e dannose per la sorte della minoranza magiara. Il duplice scopo della fal­

sificazione della statistica della nazionalità è assai chiaro:

1. La riduzione artificiale del numero effettivo della minoranza magiara nella statistica ufficiale cecoslovacca è stata combinata da una parte in vista della propaganda all’estero con lo scopo, cioè, di ingannare la Società delle Nazioni, chiamata a garantire ed a sorvegliare l’esecuzione del rego­

lamento circa la protezione delle minoranze, nonché gli organi della Società delle Nazioni chiamati a stabilire il numero effettivo della minoranza magiara ed infine di trarre in errore l’opinione pubblica estera (le asso­

ciazioni internazionali) che si occcupa della questione delle minoranze.

2. La falsificazione della statistica nazionale è inoltre un mezzo effi­

cace per prendersi praticamente gioco dei diritti delle minoranze:

a) I cittadini di lingua magiara che ufficialmente sono dichiarati appartenenti ad una lingua di altra nazionalità, sono esclusi fin da prin­

cipio dall’esecuzione dei diritti delle minoranze (l’uso della lingua magiara nelle transazioni ufficiali, la visita alle scuole magiare delle minoranze ecc.);

b) gli abusi individuali però significano anche gli abusi collettivi sulla popolazione magiara in blocco, poiché nelle località dove la statistica ufficiale, contrariamente alla vera situazione, mostra la presenza dei magiari in una proporzione in meno del 2 0%, tutti i membri che com­

pongono la minoranza magiara sono privati del diritto, per esempio, di servirsi della lingua magiara nelle transazioni cogli uffici dello Stato e di ricevere alle domande presentatevi una risposta in questa lingua. Il rapi­

mento arbitrario dalla rubrica contenente le persone di madrelingua

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magiara d’una sola famiglia magiara, può facilmente ed in molti casi por­

tare al risultato che i bambini d’un intero comune aventi l’obbligo di fre­

quentare le scuola non possano entrare in una scuola magiara.

Tutti questi fatti provano sufficientemente la necessità che i dati del recente censimento cecoslovacco, relativi alla distribuzione della popolazione siano riveduti da un’autorità internazionale o che almeno siano prese delle misure per assicurare, nel caso d’un nuovo censimento, che gli abusi più sopra descritti non possano ripetersi. (In occasione delle „negozia­

zioni di pace“ il Governo ungherese s’è dichiarato pronto a sotto­

mettere i dati e la statistica ungheresi al controllo internazionale.)

Una delle lagnanze principali della minoranza magiara — che nelle conseguenze diventa la fonte di tutta una serie di nuovi abusi — è il procedere illegale del Governo cecoslovacco concernente Cittadinanza. il trattamento dei membri della minoranza magiara in tutte le questioni circa la pertinenza comunale e la citta­

dinanza — procedere che costituisce la violazione delle stipulazioni del Trattato di Trianon e del Trattato per la protezione delle minoranze.

Secondo il Trattato di Trianon (Art. 61) „tutti gli individui aventi diritto di pertinenza comunale nel territorio trasferito dall’Ungheria alla Cecoslovacchia acquisteranno, ipso facto, ad esclusione della cittadinanza ungherese, la cittadinanza cecoslovacca. II trattato per la protezione delle minoranze (Articolo 4.) soggiunge che la cittadinanza cecoslovacca sarà accordata senz’alcuna formalità.

Come risulta da quanto precede la cittadinanza, praticamente par­

lando, equivale alla pertinenza comunale. Questa circostanza viene sfrut­

tata dal Governo ceco a spese della minoranza magiara.

Sotto il regime ungherese il mezzo più comune per ottenere la perti­

nenza comunale era il cosidetto metodo tacito o automatico (Par. 10 dell’Art.

di Legge XXI. dell’anno 1886), la base del quale era il soggiorno di quattro anni nello stesso comune e la partecipazione alle spese publiche del comune.

La sostanza di questo sistema si è che l’ottenimento della pertinenza comu­

nale, come lo dimostra il nome stesso, è in tali casi indipendente dalla volontà del rispettivo comune.

Nei primi anni dopo il cambiamento di regime lo Stato cecoslovacco ha accettata e messa in esecuzione l’interpretazione giusta delle disposi­

zioni relative alla Legge comunale ungherese, benché nella questione delle tasse comunali adottasse dei procedimenti assai più severi che non all’epoca del regime ungherese. Alla fine dell’anno 1923 il Tribunale amministrativo Supremo di Praga prese, in questa questione, un atteggiamento del tutto nuovo e diametralmente opposto a quello di cui sopra, basantesi sulle sti­

pulazioni del Trattato di Trianon, dichiarando non essere sufficiente il soggiorno permanente in una data località ed il pagamento delle tasse

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comunali, ma che inoltre l’ottenimento del diritto d’indigenato (pertinenza) dev’essere subordinato all’atto declaratorio di detto comune e che l’atto dovrà essere di carattere costitutivo.

Il Tribunale Amministrativo Supremo di Praga quindi rese l’otte­

nimento del diritto di pertinenza dipendente da un atto declaratorio rila­

sciato in iscritto dal rispettivo comune, nel caso in cui l’acquisto della per­

tinenza è, secondo le regole legali ungheresi ancora in vigore nei territori ceduti, indipendente dall’atto declaratorio del comune. Questa interpre­

tazione della legge, completamente insostenibile dal punto di vista legale, è applicata dalle autorità amministrative cecoslovacche retrospettivamente per dei decenni. Questa procedura ha creato una situazione assurda, poiché in conseguenza i certificati provanti l’ottenimento dei diritti di pertinenza per ammissione formale sono pretesi anche quando si tratta di persone, le cui famiglie vivono da secoli nel territorio ceduto dall’Ungheria alla Ceco­

slovacchia o che esse stesse vivono in questi territori da decenni.

Questa è una pretesa completamente assurda per il semplice fatto che non esisteva all’epoca del regime ungherese e di conseguenza la grande maggioranza degli abitanti non aveva nè poteva disporre d’un certificato d’ammissione comprovante il loro diritto di pertinenza ed ove fosse stato necessario in certi casi concreti stabilire 1’esistenza della pertinenza comu­

nale (sussidio comunale per indigenza) ciò non avveniva mai per ammis­

sione formale, ma semplicemente per mezzo d’un funzionario che certifi­

cava le condizioni autorizzanti l’ottenimento dei diritti di pertinenza.

Negli stessi circoli slovacchi cecofìli si condannava questo sistema, in base al quale la maggioranza della popolazione originaria dei territori trasferiti dall’Ungheria veniva spogliata dalla sua cittadinanza, sistema che in pratica i cechi applicavano naturalmente di fronte agli elementi „poco sicuri11 delle minoranze ed innanzitutto di fronte agli ungheresi. Secondo l’ex ministro della Slovacchia Ivan Dérer; „ . . . è un fatto generalmente noto che nella vecchia Ungheria la questione della pertinenza non aveva alcuna importanza speciale, i comuni non tenevano degli archivi speciali per le persone alle quali si accordava il diritto d’indigenato, esse non venivano registrate nè a Budapest nè nelle altre grandi città . . . La grande maggio­

ranza degli abitanti dell’Ungheria di prima della guerra non era ammessa formalmente a nessun indigenato comunale, poiché si considerava ch’essi avessero acquistato tacitamente la loro pertinenza in virtù del par. 10

dell’Atto XXII del 1 8 8 6 ... La decisione del Tribunale Amministrativo Supremo ha minato le basi della cittadinanza di numerose diecine di migliaia di cittadini pacifici della Slovacchia e del R usinsko...

E’superfluo spiegare che nel caso in cui le autorità amministrative adottas­

sero un metodo rigoroso, le prescrizioni del Tribunale Amministrativo Supremo provocherebbero delle conseguenze impossibili e ridicole, poiché

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con ciò la cittadinanza d’una parte considerevole della popolazione della Slovacchia diventerebbe problematica.

La revisione così frequente della pertinenza degli abitanti di lingua magiara, costituisce uno dei mezzi più efficaci per tenere la minoranza magiara in uno stato d’allarme e d’intimidazione continuo. Numerosi membri della minoranza magiara sono stati già privati finora del loro diritto di pertinenza e così indirettamente anche della cittadinanza ceco- slovacca. Essi sono trattati come stranieri e fra questi si trovano di quelli la cui famiglia vive da secoli nel territorio trasferito alla Cecoslovacchia.

Funzionari di Stato, professori e preti sono licenziati a questo titolo senza nessun risarcimento e senza pensione. Anche i magiari che esercitano una professione libera soffrono assai a causa di questa soluzione arbitraria ed illegale della pertinenza: avvocati, ingegneri, medici, commercianti, ed industriali si vedono constantemente esposti ai pericoli della pertinenza cecoslovacca; o la loro cittadinanza viene messa in dubbio dalle autorità 0 vien loro proibito di esercitare la loro professione. I padri di famiglia sono privati dalla cittadinanza cecoslovacca, dalfuificio che occupavano e dalla pensione ed in seguito espulsi dalla repubblica cecoslovacca, mentre 1 loro figli vengono obbligati a prestare servizio militare.

La „Legge Dérer“, emanata nel 1926, non ha affatto chiarito la questione in parola. E’vero che teoricamente la legge addolcisce alquanto la severità dei procedimenti illegali adottati finora, ma soltanto rispetto a coloro che abitano nel territorio della repubblica cecoslovacca ininterrotta­

mente almeno dal l.° gennaio del 1907. Questa legge non è portata a porre un rimedio radicale alle lagnanze magiare nella questione della cittadi­

nanza. In base alla „Legge Dérer“ coloro che possono provare di cor­

rispondere alle condizioni prescritte dalla legge non diventano automati­

camente cittadini cecoslovacchi (mentre l’ottenimento automatico della cit­

tadinanza dovrebbe essere in armonia con lo spirito del Trattato di Tria­

non e col Trattato per la protezione delle minoranze). Al contrario, queste persone hanno solamente il diritto di presentare una domanda per la nazio­

nalità cecoslovacca. Le domande vengono giudicate individualmente. Nella decisione il fattore decisivo è la magiarofobia che il Governo cecoslovacco segue nella politica delle minoranze. Il numero delle domande evase finora con esito favorevole è del tutto insignificante (sopra 3000 domande è stata accordata la cittadinanza in 30 o 40 casi).

In relazione alla recente azione diretta alla revisione dei confini, una parte della stampa ceca insiste con energia che lo stato della cittadinanza della minoranza magiara sia sottomesso ad una nuova investigazione.

Se lo Stato cecoslovacco non rinuncia ai già citati procedimenti arbitrari, l’avvenire della minoranza magiara nella repubblica si presenta sotto un aspetto assai triste. E ’ in formazione un grande esercito di „senza

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patria*1, la cui posizione giuridica, dal punto di vista della legge interna­

zionale, è assai difficile definire. Un tale stato di cose significa una situa­

zione assurda ed insostenibile non solo dal punto di vista legale, come ebbe ad esprimere alcune decine d’anni fa con parole concise ed eloquenti un distinto giurista francese: „Essere senza patria più che un’anomalia è una disgrazia**.

I procedimenti illegali adottati nello stabilire la

Il diritto elettorale pertinenza comunale e la cittadinanza toccano natural­

mente anche i diritti politici della minoranza magiara.

Centinaia d’elettori magiari vengono radiati dalle liste elettorali, persone aventi diritto di voto alle elezioni comunali, provinciali e parlamentari, sotto il pretesto ch’esse non possono essere considerate di cittadinanza cecoslo­

vacca. In questo campo la minoranza magiara ha numerose altre lagnanze tra le quali solamente una o due sono state recentemente rimediate. Nei distretti elettorali di carattere magiaro, la cosidetta „quota parte elettorale**

sorpassa quella che è in vigore nei distretti elettorali abitati in maggioranza da cechi o da slovacchi; il che vuol dire che il numero dei voti richiesti per la elezione d’un candidato è maggiore nei distretti magiari che negli altri. Per esempio, mentre in uno dei distretti di Praga 19,971 voti validi erano sufficienti per assicurare un mandato, nel distretto di Érsekújvár

(abitato in maggioranza da magiari) sono stati richiesti ben 29,960 voti.

Oltre all’impiego di questa geometria elettorale di cui si servono a spese della minoranza magiara, i cechi hanno impiegato, per un certo tempo, anche il diritto elettorale dei soldati, allo scopo di falsificare la dichiara­

zione delle convinzioni politiche degli elettori autoctoni nei distretti abi­

tati dai magiari. Durante il periodo delle elezioni un grande numero di truppe appartenenti ad altre nazionalità fu mandato nei distretti di carat­

tere magiaro, allo scopo di rendere più sfavorevoli le probabilità dei par­

titi magiari. L’organizzazione di questi partiti fu costantemente impe­

dita da ogni sorta di ostacoli da parte delle autorità. Le loro assemblee politiche furono proibite o sciolte con piccoli pretesti, mentre gli elettori si videro privati del diritto di tenere i loro discorsi in lingua magiara. I capi dei partiti magiari furono tenuti lontani dalla lotta elettorale durante il

dita da ogni sorta di ostacoli da parte delle autorità. Le loro assemblee politiche furono proibite o sciolte con piccoli pretesti, mentre gli elettori si videro privati del diritto di tenere i loro discorsi in lingua magiara. I capi dei partiti magiari furono tenuti lontani dalla lotta elettorale durante il